Amadeus AMS 76-77
2002
CD 1
1. A Santa Maria dadas [3:42]
CSM 140
2. –4:53–
Tan beneyta [1:58]
CSM 415
Alegria [2:55]
CSM 425
3. –8:21–
Taqsim [2:28]
Des oge mais [2:12]
CSM 1
Taqsim [0:31]
Rosas das rosas [1:07]
CSM 10
Como poden [2:03]
CSM 166
4. Nembre-sse-te madre de Deus [2:14]
CSM 421
5. Come Deus fez vynno d 'agua [3:58]
CSM 23
6. Eno nome de Maria [2:10]
CSM 70
7. Surat Mariam, pt. 1 [3:32]
8. –9:57–
Taqsim [1:20]
A Madre de Jhesu Cristo [4:40]
CSM 302
Taqsim [0:27]
Pois que dos reis [3:37]
CSM 424
9. Mi al har Horev [3:25]
Moni Ovadia: vocals
CD 2
1. Una matica de ruda / Dos amantes / Sawah [8.16]
2. Taqsim / Avram avinu [6.41]
3. Taqsim / Malaqi / Mi pi El [5.24]
4. Taqsim / Mawwal / Ashira l'Adonai [8.16]
5. Doulab Bayati / Lamma bada / Billadi asqara [13.13]
6. Surat Mariam pt.2 [4.54]
7. [7.59]
Lah Yallah moulena
A Madre de Jhesu Christo
CSM 288
Dized' ¡Ai, trobadores!
CSM 260
8. Baruch ha gever / Üsküdar [7.56]
9. Mar mar hayati / Mar mar zamawi [6.51]
10. Vaeda mah [2.17]
Faisal Taher: vocals
Theatrum Instrumentorum
Federica Doniselli — vocals
Roberto Bolelli — vocals
Gloria Moretti — vocals, daf
Aziz Rihai — vocals, riqq
Patrick Novara — nay, clarinet, flute, ciaramella, pipes
Lucio Poaolo Testi — ciaramella, bombarde
Jamal Ouassini — violin, darbouka, vocals
Fabio Tricomi — ud, viella, fifre, bendir, daf, darbouka, vocals
Aleksander Sasha Karlic — ud, daf, zils, bendir, tamburello, darbouka, vocals
Promo Music
presenta
SHIR DEL ESSALEM
Canti per la Pace
Moni Ovadia
Faisal Taher
Theatrum Instrumentorum
progetto e direzione musicale: Aleksandar Sasha Karlic
mise en espace: Moni Ovadia
disegno luci: Daniele Savi
progetto audio: Mauro Pagiaro
scene e costumi: Elisa Savi
foto: Federico Buscarino
Il
musicista serbo-croato Aleksandar Sasha Karlic, direttore del Theatrum
Instrumentorum, il celebre attore e cantante Moni Ovadia ed il cantante
palestinese dei territori occupati Faisal Taher, si incontrano per dar
vita ad un programma che è un inno alla pace ed alla tolleranza. Sullo
stesso palco artisti di differenti culture e nazionalità si uniscono per
cantare le musiche delle tre religioni monoteiste: cristiana, ebraica e
musulmana.
* * * * * *
L’umanità da secoli è divisa fra
le ragioni della guerra e le ragioni della pace. Nessuno è in grado di
indicarci la via da scegliere. Essa risiede nei nostri cuori e nelle
nostre menti. Nessuno ha il diritto di proclamare: ”Dio è con noi”. Il
Padrone dell’Universo ha creato gli uomini tutti liberi, santi, uguali
cioè con pari dignità di fronte alla vita. Ciascuno di noi è
responsabile dei suoi atti, dei suoi pensieri. La volontà del Giudice
Supremo non può essere presa a pretesto per scaricare su di Lui la
nostra responsabilità. Il sangue versato ricade su chi l’ha versato e
solo su chi lo ha versato. La via della pace non è tracciata, essa va
costruita pazientemente ogni giorno, ogni ora, ogni istante.
Noi
uomini di musica abbiamo uno strumento assai disarmato: il canto. Questo
è il suo limite e simultaneamente la sua potenza. Il canto dei popoli
attraversa lo spazio ed il tempo e comunica al di là delle differenze.
Il viaggio musicale che proponiamo viene dall’epoca della Spagna terra
di convivenza. In quel periodo i tre monoteismi sapevano parlarsi,
volevano ascoltarsi, amavano convivere interagendo senza omologarsi, nel
rispetto delle specifiche identità. Ripercorrere con un linguaggio
universale un’epoca di reciproca accoglienza è necessario al nostro
futuro. Un antico proverbio indiano recita:” se non sai dove stai
andando, volgiti per vedere da dove vieni”. L’Europa ha urgenza di
ritrovare le radici profonde della propria identità, l’occidente deve
riaccogliere il proprio oriente, sua matrice. Il bacino del mediterraneo
che è stata la culla della nostra civiltà e del nostro sapere deve
simbolicamente ridiventare l’humus fertile di un futuro libero e santo.
L’alito del deserto deve riportare alle nostre anime satolle di inutili e
volgari orpelli, ma aride di interiorità quella Alef intenzionalità del
canto e della parola che ci ha fondati come esseri umani.
Sulla
patria senza confini di un palcoscenico vagabondo, musicisti e cantanti
cristiani, ebrei, mussulmani e atei propongono una convivenza libera,
senza sopraffazione.
Lo spettacolo è per tutti coloro che sanno
albergare nei propri cuori la tenda del beduino: conforto per il
viandante, casa per lo straniero.
Moni Ovadia
Fin
dai tempi più remoti, la musica ha avuto il potere di trascendere i
confini di religione, cultura, geografia e etnicità. Certamente era
questo il caso della Spagna medievale, dove la musica aveva collegato le
culture cristiana, ebraica ed islamica in modi che ancora risuonano
attraverso i secoli. Nella seconda metà del secolo XV, i popoli della
Spagna, Cristiani, Ebrei e Musulmani, erano in gran parte mischiati a
livello di cultura, lingua e sangue. In questo concerto sono presentati
alcuni frutti musicali di questo incrocio, forse unico nella storia. Ad
esempio, secondo lo scrittore e studioso messicano Carlos Fuentes, più
di un quarto delle parole nella lingua spagnola corrente hanno radici
arabe, per non parlare della musica flamenco contemporanea. I "Mori"
hanno portato in Spagna i loro strumenti musicali, specialmente gli
strumenti a corde, che sono diventati così importanti nelle loro
incarnazioni europee dal Medioevo ad oggi. Ancora ai giorni nostri le
influenze orientali sul linguaggio musicale, sulle forme poetiche e
sulla prassi esecutiva del repertorio tradizionale di tutto il
Mediterraneo sono enormi.
Le Cantigas di Santa Maria (che narrano
i miracoli della Vergine Maria) è la più importante raccolta di monodia
cortese dell'Europa medievale, pervenutaci in quattro manoscritti del
XIII secolo. Per quanto riguarda gli autori, non vi sono indicazioni, ma
per alcune Cantigas si può supporre che la mano sia quella del re
Alfonso X "Il Saggio" in persona. Per il resto si tratta del prodotto
della sua corte cosmopolita. Da sovrano illuminato, Alfonso si circondò
di quanto meglio gli potevano offrire scienziati, letterati e musicisti
cristiani, arabi ed ebrei.
Nel proseguimento dello spettacolo,
oltre alla cantilazione del Corano e al grande genere della musica
classica araba muwashah, nato nel medioevo in seno alla scuola
arabo-andalusa (più tardi diffuso anche nel medio oriente), si
presentano anche i canti e le musiche degli Ebrei sefarditi, espulsi
dalla Spagna nel 1492 e dal Portogallo nel 1508. La cultura del canto
sefardita in giudaico-spagnolo ha ricevuto negli ultimi anni una
grandissima attenzione, in particolare attorno alla ricorrenza, nel
1992, del cinquecentesimo anniversario dell'espulsione degli Ebrei da
tutti i territori della Corona di Spagna. Questo interesse pare
fortunatamente non conoscere battute d'arresto. Il canto sefardita si
origina in una Spagna intrisa di elementi arabo-moreschi e prosegue in
un esilio che si disperde attraverso il Levante mediterraneo, il Nord
Africa, l'Italia, Il Medio Oriente, la Penisola balcanica. Ci sembra
imprescindibile dunque fare riferimento alle culture di quei tempi e
quei luoghi.
Theatrum Instrumentorum si propone, in questa
prospettiva, di utilizzare una strumentazione mista antica-mediorientale
( spesso di fatto poi "antico" e " mediorentale" stessa cosa sono…) e
di ricercare soprattutto nella vocalità una matrice etnica più "aspra",
emersa dal mare sonoro mediterraneo. L'intento è di ripristinare, dopo
anni di ricerca accurata e appassionata, una originarietà culturale e
timbrica e tentare di vitalizzare questi tesori musicali affinché lo
smaliziato ascoltatore moderno possa coglierne appieno tutta la forza e
la bellezza.
Aleksandar Sasha Karlic
Si ringraziano:
Dario Baccini di Arteferro Italia s.r.l. per l’allestimento scenico
Fratelli Rossetti s.p.a. per le scarpe delle cantanti