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Micrologus Edizioni Discografiche
2005
INTRO
01 - Su la rivera [2:58]
Madrigale · ribeca, liuto, arpa, organo, tamburello,
cennamelle, buccine, naccharoni, cimbali
LA PRIMAVERA
02 - Segugi a cord'e [2:49]
Caccia · MB, UP, SS
03 - Salterello [2:20]
Danza · cennamelle, cornamusa, tromba a tiro, tamburelli,
naccharoni, cimbali
04 - Quando i oselli canta [3:13]
Madrigale · PB, ribeca, liuto, arpa, salterio
05 - Salterello [3:21]
Danza · viola, liuto, arpa, tamburello, flauto bicalamo,
castagnette, triangolo
L'AMORE
06 - Non so qual'ì mi voglia [2:44]
Ballata di Lorenzo da Firenze su testo di Boccaccio · PB
07 - Lamento di Tristano e La Rotta [4:28]
Danza · viola, liuto, arpa, salterio
08 - Come in sul fonte [8:21]
Madrigale di Lorenzo da Firenze su testo di Boccaccio · PB, UP
09 - I' vo' bene [4:16]
Ballata di Gherardello da Firenze su testo di Niccolò Soldanieri
· MB, viola
10 - Ghaetta [7:16]
lstampita · viola, liuto, arpa, flauto bicalamo,
castagnette, cennamelle, tamburello, naccharoni, cimbali
LA NOTTE
11 - Lucente Stella [4:04]
Ballata · SS, liuto
12 - De', poni amor a me [5:19]
Ballata di Gherardello da Firenze · ribeca, liuto, arpa,
organetto
LA FESTA
13 - La manfredina e La Rotta [2:49]
Danza · cornamusa, zufolo & tamburo, buccine,
naccharoni, cimbali, triangolo
14 - Amor mi fa cantar a la Francescha [2:30]
Ballata minima · MB, coro, viola, liuto, flauto bicalamo,
tamburello
15 - Per tropo fede [4:14]
Ballata minima · SS, coro, viola, liuto, arpa, cennamella,
tamburello, castagnette
16 - [7:37]
Non posso far bucato
Ballata · PB, SS, coro, liuto, viola, flauto bicalamo,
tamburello, triangolo
Salterello
Danza · viola, liuto, cialamello, arpa, flauto bicalamo,
tamburello, castagnette, triangolo
Ensemble Micrologus
Patrizia Bovi · canto, arpa gotica
Adolfo Broegg · liuto, salterio a pizzico
Goffredo Degli Esposti · flauto bicalamo, cornamusa,
cennamelle, zufolo & tamburo, organo portativo
Gabriele Russo · viola, ribeca, buccina (tromba dritta)
Mauro Borgioni · canto
Luigi Germini · buccina (tromba dritta), tromba a tiro
Gabriele Miracle · tamburello, naccheroni, castagnette,
cimbali, triangolo
Ulrich Pfeifer · canto
Simone Sorini · canto
FONTI
Roma, Bibl. Vaticana Codice Rossi 215
Firenze, Bibl. Laurenziana, Palatino 87 (Cod. Squarcialupi)
London, British Library, add. mss. 29987
Firenze, Bibl, Nazionale Centrale, Panciatichiano 26
Registrato da Adolfo Broegg e Stefano Tofi
al Juke Box Studio di Perugia e nella Chiesa di S. Maria in Arce,
Assisi,
nella primavera del 2004 e del 2005.
Missato da Adolfo Broegg.
Design e layout Alessandro Pascoli per Sezione Aurea
Venite amanti alla festa leggiadra,
Perugia 2009
Alla
Festa Leggiadra
È possibile cantare oggi, all'inizio del nuovo millennio, la
Primavera, l'Amore, la gioia della Festa? È possibile cantare
ancora con la stessa freschezza di sentimenti così come avveniva
nel tardo Medioevo? E, soprattutto, è possibile trovare un altro
significato, oltre a quello estetico, in tutto questo?
Il progresso, la scienza, la tecnologia sembra ci abbiano portato
lontanissimi da quel mondo.
L'uomo del Medioevo aveva orizzonti così diversi che un mondo
come il nostro era per lui non solo inimmaginabile, almeno fino a
Leonardo da Vinci, ma neanche desiderabile!
Eppure, pur nelle immense difficoltà del suo piccolo, ristretto
universo, dove tutto era ciclico e il perfetto era in un altro mondo
(non in terra, non nella materia), si sapeva distillare quella
capacità, per noi sorprendente, di apprezzare la vita nelle
piccole e grandi cose, perché anche dalle sventure si usciva,
come dall'Inverno si rinasce nella Primavera.
La morte era lì accanto, sempre in agguato (una carestia, una
pestilenza, o i quotidiani atti di violenza), ma anche nelle più
piccole manifestazioni della vita c'era quella forza naturale che,
dalla sopravvivenza, arrivava alla gioia della vita (forse proprio per
il continuo confronto con la caducità del tutto).
Anche la musica rientra in questo.
Nella pur apparente semplicità o, forse meglio dire,
essenzialità, la forza della musica prorompeva nella vita
insieme a tutti i suoi significati simbolico-allegorici: ecco allora i
canti d'amore (i madrigali e le canzoni), di primavera e di festa
(sonetti e ballate); i balli più raffinati (le istampite e le
carole) e quelli sfrenati (i salterelli).
Ecco che poeti, come Giovanni Boccaccio e gli altri anonimi, "cantano"
per il loro uditorio; valenti musici, come Lorenzo, Gherardello,
suonano e "incantano" con la loro arte nella splendide città del
trecento, su tutte Firenze.
Tutti si rispecchiano in questo: è una società
circoscritta, quella del Trecento.
La città, con le sue mura difensive, è in realtà
ben diversa dal castello medievale (simbolo di forza e guerra): al suo
interno la città pullula di vita, sacra e profana, ed anche la
campagna non è da meno.
Infatti, se andiamo a guardare quello che sopravvive nella maggior
parte delle città italiane, troviamo, ancora fresche e
tangibili, le grandi e piccole opere del tardo Medioevo: palazzi,
chiese e cattedrali, campanili e torri.
Oltre ai numerosi tesori artistici di pregevole fattura anche il pezzo
di muro o l'arco a sesto acuto, il balcone o la fontana non più
attiva, ci informano che qualcosa di vivo c'è stato e in qualche
modo rimane. È la forza di questo significato che oggi proviamo
a riscoprire e a far rivivere. Oggi. L'oggi dell'uomo moderno,
tecnologico, che si sente "superiore" e invece è spesso
bloccato, a volte culturalmente regredito.
Abbiamo forse tagliato troppo velocemente il cordone ombelicale con le
tradizioni (o meglio, le radici), separato accuratamente la parte
spirituale da quella materiale e, dal secolo XIX in poi, siamo caduti
in una trappola da noi stessi fabbricata: quella di essere sempre
più materialmente ricchi, ma immensamente più infelici.
Il perché di tutto questo e su le possibili soluzioni ci
porterebbe lontano... anzi no!, ci porta al mondo medievale, al
Trecento italiano: li ci aspettano ancora le ballate e i madrigali
d'amore, la festa leggiadra e le allegre danze.
Perché comunque, dopo l'Inverno, la Primavera ritorna sempre.
Goffredo Degli Esposti
Ballate, Madrigali e Danze all'epoca di Boccaccio
(XIV secolo)
Per entrare nel mondo del Trecento, interpretiamo, in una ricca
versione strumentale (come i musici di un'orchestra presente negli
avvenimenti più importanti), un madrigale proveniente dal Codice
Rossi, Su la rivera, che, per l'evidente ritmo di danza e le
frasi concise, esprime subito l'idea polionica del periodo da noi
preferita.
La caccia, proveniente dal Codice Panciatichiano (contenente brani
della prima metà del XV sec.), Segugi a cord'e e il
madrigale Quando i oselli canta ci descrivono due situazione
agresti tipiche di un mondo leggiadro che si rinnova (anche in senso
allegorico) accompagnato da due Salterelli, sfrenate danze medievali,
uno nel tipico ritmo di 6/8, ancora in uso, e l'altro "alla tedescha".
Ma è il tema dell'amore che predomina nelle canzoni del Trecento
dove la forma musicale della ballata, pur con numerose varianti, supera
il più arcaico madrigale. Dalla stretta collaborazione tra poeti
e musici (anche se spesso questi ruoli erano svolti dallo stesso
artista), nascono alcune significative opere musicali del periodo. Non
so qual'ì mi voglia, unica ballata monodica di Lorenzo da
Firenze creata su testo di Giovanni Boccaccio, è tra le vette
del virtuosismo canoro scritto, insieme al madrigale a due voci Come
in sul fonte, sempre di Lorenzo da Firenze su testo di Boccaccio.
È, questo, uno stile adatto per i momenti conviviali, per le
feste e i balli, distante dallo stile da "concerto" delle più
elaborate composizioni a tre voci.
Nelle due danze di anonimo, come tutte le altre che provengono dal
Codice della British Library, il Lamento di Tristano e La
Rotta (una danza bipartita) e Ghaetta (un'istampita, genere
di più lungo sviluppo), sperimentiamo varie combinazione di
strumenti: le corde, i fiati e le percussioni. Ed è ancora
Firenze la città di riferimento artistico di Gherardello, un
autore tra i più moralisti per gli argomenti trattati (insieme
al grande Francesco Landini); sua una ballata monodica nello stile
più antico: I' vo' bene.
Una pausa quasi notturna per due più intime ballate, Lucente
Stella, di anonimo, e De', poni amor a me, sempre di
Gherardello da Firenze (questa in versione interamente strumentale per
via del testo incompleto): ci si riposa dalle danze precedenti, e si
riprende fiato prima di passare alle prossime che ci invitano alla
festa.
Arrivano tutti i pifferi e trombetti della città con La
manfredina e La Rotta (altra danza bipartita). E si riparte
col ballo e si canta in coro, con le ballate monodiche Amor mi fa
cantar a la Francescha e Per tropo fede.
Anche queste provengono dal codice Rossi: la prima, nel verso iniziale,
gioca tra il nome di una donna e lo stile musicale ("alla francese");
la seconda ricorda, come l'antica tradizione trovadorica, le tremende
pene d'amore che si possono soffrire.
Infine è a due voci l'ironica ballata finale Non posso far
bucato, sull'ingiusta sorte degli sfortunati (in amore più
che altro), perché comunque è meglio schermirsene che
piangere; ma, con un Salterello, la festa e la danza continuano.