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Opus 111 OPS 30-141
1995
10th Anniversary, 2000
1. Vaguza vaga [3:47] madrigale, strumentale
2 buccine, 2 ciaramelli, tamburello, castagnette
2. E vatène segnor mio [4:36] ballata maggiore
2v femminili PB FB
3. Per tropo fede [5:14] ballata minima
v maschile UP, coro, cornamusa, tamburello
4. Bella granata [3:41] madrigale
2v femminili PB FB
5. Piançe la bella Iguana [5:03] madrigale
2v maschili UP AQ
6. La desiosa brama [2:45] madrigale, strumentale
2 ciaramelli, tamburello
7. Che ti çova nasconder [3:14] ballata minima
v femminile PB, arpa
8. Abraçami, cor mio [2:40] madrigale
v femminile PB, v maschile UP
9. Lucente stella [6:07] ballata maggiore
v maschile UP, ribeca, liuto
10. Lavàndose le mane [3:43] madrigale
2v femminili PB FB
11. Che ti çova nasconder [2:08] ballata, strumentale
cornamusa, ciaramella
12. Piançe la bella Iguana [2:56] madrigale, strumentale
arpa, ribeca, liuto, 2 ciaramelli
13. Canta lo gallo [5:48] madrigale
2v maschili UP AQ
14. Su la rivera [4:58] madrigale
v maschile AP, zampogna, ribeca, chitarrino, tamburello
15. Amor mi fa cantar a la Francesca [2:32] ballata minima
v femminile PB, coro, tamburello
Fonti:
Codice Vaticano Rossi 215
except:
Codice Rossi Frammento di Ostiglia : #1, 6, 13
Codice Reina (Parigi, Bibl nat., n.acq.frç. 6771): #2
MICROLOGUS
Patrizia Bovi, voce, arpa
Francesca Breschi, voce
Ulrich Pfeifer, voce
Alessandro Pascoli, voce
Alessandro Quarta, voce
Adolfo Broegg, liuto, chitarrino, castagnette
Gabriele Russo, ribeca
Goffredo Degli Esposti, ciaramello, cornamusa, zampogna
Stefano Vezzani, ciaramello, cornamusa
Carlo Rizzo, tamburelli
Luigi Germini, buccina
Paolo Scatena, buccina
Antonietta Bovi, Simona Pelacchi, Laura Cannelli - coro
Producer: Yolanta Skura
Recording, producer, engineer, editing: Laurence Heym
Digital recording
Recording: San Pietro e Paolo, Ceralto (Perugia), Italy, May 1995
Cover: Salimbeni, St Lawrence and St James, detail from a Crucifixion (D.R.)
Cover design: Marguerite Tager · Typesetting : Peter Vogelpoel
Ⓟ 1995 Original recording made by Opus 111, Paris
©1994 Opus Production, Paris
Réf. OPS 30-141
10th Aniversary: © 2000
LE
MUSICHE CONTENUTE IN QUESTO DISCO provengono dal più antico documento
di Ars Nova Italiana a noi noto: il Codice Vaticano Rossi 215 e il suo
frammento Greggiati di Ostiglia. Questo codice, composto come probabile
raccolta antologica ad uso privato prima del 1370 (forse 1335-45),
conserva insieme al suo frammento 37 composizioni. Anche se alcune
musiche sono andate perdute, rimane un eccezionale documento sugli inizi
della musica profana italiana. Il manoscritto è anche la prima
testimonianza della nascita del madrigale, sperimentato nei versi e
nella polifonia a due parti, e della ballata monodica legata ancora alla
tradizione orale. Questa tendenza compositiva sarà poi progressivamente
rovesciata dai musicisti fiorentini che, nella seconda parte del XIV
secolo, polifonizzarono la ballata e abbandonarono l'uso del madrigale.
Il
Codice rossiano nacque in area veneta, il cui centro artistico fu la
corte scaligera di Verona: un ambiente certamente colto (ma non così alto
come quello fiorentino), sempre a contatto con i più svariati stimoli
artistici e la freschezza dello spirito popolare. Gli Scaligeri di
Verona, a cominciare da Cangrande (1311-1329), pur se uomini d'arme e di
commercio, diedero grande impulso all'attività e alla vita culturale
della città. Sotto la loro Signoria, Verona, già fiorente
economicamente, divenne una città-stato temuta sia dal Papa che
dall'Imperatore. Grazie ad Alberto Della Scala (1329-52), Verona e la
sua corte brillarono per le grandi feste, i balli e ogni sfarzo di
ricchezza. Lì passarono Dante, Petrarca, Fazio degli Uberti, i musicisti
Piero, Giovanni da Cascia, Jacopo da Bologna, impegnati in gare
poetico-musicali note per grandi ricompense e doni.
Da ricordare
la presenza della vicina Università di Padova (e quella di Verona dal
1339), fertile terreno di illustre produzione intellettuale, da cui
uscirono quei teorici-trattatisti trecenteschi come Marchetto,
Prosdocimus, Antonio da Tempo, e non ultimo il veronese Gidino da
Sommacampagna, funzionario della corte scaligera e autore del Tractato de li rithmi volgari sulla poesia per musica.
Il
Veneto fu il più importante centro italiano per la raccolta dei testi e
la produzione di manoscritti della lirica trovadorica del XIII secolo.
Il cronista F.Villari ci dice che alla corte scaligera erano presenti
sia musici (compositori colti) che histriones (musicisti
giullari) ugualmente apprezzati sia nell'esecuzione a memoria, sia
nell'intonazione rapsodica che nella composizione scritta. Secondo
Pirrotta furono questi artisti rapsodi, che intonavano le liriche
improvvisando su modelli precostituiti, ad essere gli anonimi
compositori delle musiche del codice Rossi; gli stessi musicisti rapsodi
criticati, come «magistroli» e «cantori che gridavano forte», da Jacopo
da Bologna nel suo madrigale Oselletto selvaggio.
Le musiche
I
madrigali contenuti nel codice Rossi (30 su 37 composizioni) sono tutti
a due voci e ci testimoniano una grande ricchezza di forme metriche e
compositive. Nel '300 il madrigale era sempre polifonico e aveva una
parte ben differenziata dalle strofe, detta ritornello; sembra che
derivasse dal canto dei pastori (la parola «mandriales», da cui
«madrigale» secondo Antonio da Tempo, deriverebbe da mandria) e non
trattava quasi mai temi raffinati.
La ballata trecentesca aveva
come tema sempre l'amore, come le cinque contenute nel codice. Tre di
queste sono minime (con un ritornello di un solo verso) e si potevano
sia cantare che ballare; le altre due sono del tipo minore e mezzana,
con una linea melodica più estesa e raffinata, adatta probabilmente solo
al canto. Queste ultime, Non formò Cristi e Lucente stella,
forse sono attribuibili al compositore fiorentino Giovanni da Cascia,
abituale frequentatore delle corti del nord-Italia, «che compose molti
suoni e ballate con dolci e raffinate melodie fatte con grande perizia e
maestria» (G.Villani). Un'altra ballata, E vatène segnor mio,
proveniente dal codice Reina, di origine veneta, è stata da noi inclusa
per documentare un diverso tipo di composizione, quello della siciliana,
dove le due voci si interrompono più volte spezzando e ripetendo il
testo con effetti di maggiore forza espressiva.
I testi
Forte
è la presenza di termini dialettali veneti in queste liriche tendenti
al popolare per brevità, spirito e argomento. È presente anche la
descrizione dei luoghi (i colli Euganei in Piançe la bella iguana e le saline del Po in Su la rivera)
che delimitano l'ambiente culturale in cui queste composizioni nascono e
a cui si riferiscono; un'area geografica compresa fra le città di
Verona e Padova, il nord del delta del Po ed il lago di Garda.
Importante
è il riferimento alla Francia sia nell'uso di alcuni versi in
provenzale, sia nel simulare lo stile francese di canto (in Amor mi fa cantar alla Francesca — alla francese). Nei testi delle ballate c'è un forte richiamo alla letteratura francese nell'uso del senhal, un artificio dei trovatori per nascondere il nome della donna nei versi della poesia: Francesca in Amor mi fa cantar a la FRANCESCA, Giovanna in Che ti ÇOVA NAscondere, Stella in Lucente STELLA, Cristina in Non formò CRISTI NAto.
Interpretazione
La
nostra interpretazione del Codice Rossi consiste in una
diversificazione dell'uso della voce e degli strumenti sulla base di una
ipotesi funzionale del repertorio stesso. Alcune ballate, come Amor mi fa cantar e Per tropo fede,
individuate come canzoni a ballo, sono eseguite con l'accompagnamento
del tamburello, così come raffigurato in moltissime testimonianze
iconografiche del nostro trecento. II madrigale Su la rivera è
cantato sulla zampogna, come riportato da Antonio da Tempo che nel suo
famoso trattato individua il madrigale come composizione nata in
ambiente pastorale, eseguita con «voci grosse sulle pive ovvero
otricelli». Si canta, nelle ballate maggiori, con uno stile più legato e
con maggior spazio per l'ornamentazione, oppure con un accento ritmico
per un canto più forte e sostenuto pensando alla esecuzione per la
danza; o, ancora, in uno stile più ecclesiastico, dispiegando una voce
più agile e melismatica, quasi organale, su le lunghe note di tenor in alcuni madrigali.
Alla
corte Scaligera oltre a cantare si ballava al suono di ogni sorta di
strumento. Ma, non essendo conservata nessuna musica strumentale di
danza, genere sicuramente considerato inferiore e delegato spesso
all'improvvisazione, abbiamo fatto derivare tale musica strumentale da
alcune composizioni vocali del Codice Rossi, che ci sembravano più
idonee per il loro aspetto ritmico ed improvvisativo. Il ritmo di danza
viene evidenziato dall'uso del tamburello, antichissimo strumento a
percussione che in Italia, dal '300 fino ad oggi, ha espresso e
conservato una grande varietà di forme e di tecniche esecutive: suonato
soprattutto da mani femminili, lo strumento era raffigurato nei più
diversi contesti sociali, nell'esecuzione musicale all'aperto, per la
danza, nell'iconografia anche sacra.
ADOLFO BROEGG