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Quadrivium SCA 004-2
1989
1. La desiosa brama [3:52]
Codice Vaticano Rossi 215, Frammento di Ostiglia
2. Amor mi fa cantar a la Francesca [2:41]
Codice Vaticano Rossi 215
3. Dolce lo mio drudo [4:47]
Parigi, Bibl. Nat., nouv. acq . frç. 6771 (Cod. Reina)
4. Saltarello [2:56]
Londra, British Library, Add. 29987
5. Dal bel castel [3:24]
Codice Vaticano Rossi 215
6. Chominciamento di gioia [3:49]
Londra, British Library, Add. 29987
7. Lucente stella [3:13]
Codice Vaticano Rossi 215
8. Che ti giova nascondere [4:58]
Codice Vaticano Rossi 215
9. Segugi a corda [2:44]
Londra, British Library, Add. 29987
10. Saltarello [2:28]
Londra, British Library, Add. 29987
11. Quando i oselli canta [2:59]
Codice Vaticano Rossi 215
12. Per tropo fede [4:08]
Codice Vaticano Rossi 215
13. Stella nova [2:34]
Cortona, Biblioteca Comunale, Ms. 91
Micrologus
Patrizia Bovi, canto
Marco Beasley, canto
Marco Carpiceci, canto, symphonia
Ulrich Pfeifer, canto, symphonia
Adolfo Broegg, liuto
Goffredo Degli Esposti, doppio flauto, ciaramella, zampogna
Maurizio Picchiò, naccheroni, tamburello
Gabriele Russo, viella, ribeca, lira, tromba naturale
Registrazione digitale in presa diretta senza montaggi
effettuata presso il Tempio di S. Angelo (Perugia) ed il Convento di S. Bartolomeo (Foligno)
nel luglio-dicembre 1988.
Registratore Sony DAT PCM 2500, microfoni Neumann U - 87 AI.
Studio S. c. A. Perugia.
Tecnico del suono: Francesco Ciarfuglia.
Ingegnere audio: Riccardo Magni.
Copertina e grafica: Rinaldo Degli Esposti.
Fote: Pino Antonelli
Composizione elettronica dei testi (DTP) : C.S.S. Spello.
Prodotto dall'Associazione Musicale Micrologus e da Scienza come Arte coop s.r.f.
English liner notes
L' Ensemble Micrologus di Assisi è un gruppo di musicisti
provenienti da diverse esperienze artistiche e specializzati netta
ricerca, nello studio e nell'interpretazione dei repertori musicali
europei del tardo medioevo (secoli XI - XV).
Il gruppo fonda le proprie esecuzioni sulla ricerca delle fonti, sulle
indagini storiche, paleografiche, iconografiche, organologiche e
sull'uso di strumenti fedelmente ricostruiti; particolare attenzione
è posta negli studi etnomusicologici in riferimento alla
comparazione dei repertori di tradizione orale e la musica medioevale
di tradizione scritta.
Amor mi fa cantar, prima incisione discografica dell'Ensemble
Micrologus, è il frutto de un' approfondita ricerca sui
più antichi documenti musicali italiani in lingua volgare del
XIV secolo.
La scelta del repertorio è stata operata in base
all'originalità delle tecniche musicali e poetiche riscontrabili
in queste composizioni: la ballata monodica più antica,
probabile testimonianza di un' espressione musicale legata alla danza e
a momenti conviviali; il madrigale a due voci dagli ampi melismi e
dalla polifonia di gusto arcaico; le danze strumentali, prima
testimonianza scritta in Italia di brani sicuramente non cantati
(saltarelli e istampite).
Di particolare interesse sono le composizioni contenute nel Codice
Rossi e nel suo frammento di Ostiglia.
Il manoscritto, solo recentemente studiato e databile alla prima
metà del XIV secolo, risulta essere più antico dei codici
arsnovistici del trecento; sia la lingua che le citazioni geografiche
indicano come probabile zona di origine quella compresa tra il Delta
del Po, i Colli Euganei e Verona, regione le cui ricche corti erano
punto di confluenza artistica dei compositori dell'epoca.
E' da notare che, fatta eccezione per alcuni brani attribuibili per
concordanza Rossi sono anonime e rivelano, sia nello stile musicale che
nelle forme letterarie, particolarità che lasciano presupporre
l'appartenenza di questo repertorio alta primissima fase della
polifonia italiana non liturgica.
Affascinante esempio di continuità d'uso di materiali poetici se
non musicali è la ballata "Dolce lo mio drudo", il cui testo
letterario, in forma di siciliana, è attribuito in un
manoscritto vaticano del XIII secolo a Federico II di Svevia; di
notevole interesse è la frammentazione del testo poetico nella
realizzazione musicale, tecnica tesa ad aumentare la
drammaticità dell'esecuzione ed ancora in uso presso i
cantastorie siciliani.
Dal Codice di Londra proviene la caccia "Segugi a corda", data dal
manoscritto senza indicazione dell'autore ma attribuibile a Maestro
Piero, uno dei primi compositori di caccie.
Questa forma compositiva, caratterizzata dallo stile imitativo delle
voci superiori, prevede l'uso di precisi riferimenti d'ambiente e di
suoni onomatopeici.
Tra le centinaia di composizioni musicali del trecento italiano, gli
unici brani strumentali sono i quindici pezzi del manoscritto
conservato alla British Library, ma è senz'altro ipotizzabile
una ben maggiore pratica della musica strumentate sia per danza che per
intrattenimento.
I brani di apertura e di chiusura di "Amor mi fa cantar" n sono
elaborazioni di un madrigale del Codice Rossi e di una lauda
duecentesca, rispettivamente ''La desiosa brama" e "Stella nova";
è infatti nostra opinione che gran parte della musica
strumentale dell'epoca fosse improvvisata o comunque elaborata su
modelli precomposti e su materiali appartenenti a repertori in uso o
del più recente passato musicale.
Degli Strumenti e
della Voce
La Ricostruzione e la Tradizione
Nello splendore artistico del trecento italiano, in corrispondenza
dell'improvvisa fioritura di documenti attestanti l'arte musicale
profana (conosciuta come Ars Nova), si nota un crescente numero di
rappresentazioni di strumenti musicali.
Se prima del XIV secolo si rileva una loro scarsa presenza
nell'iconografia, nel periodo in questione miniature, affreschi e
sculture mostrano musicisti e angeli musicanti intenti a suonare liuti,
vielle, arpe, ribeche, organi, trombe, cornamuse, ciaramelle, doppi
flauti, tamburelli e tamburi sia in rappresentazioni sacre che in scene
di vita mondana, come testimoniano anche cronache ed altre fonti
letterarie.
Oltre che alle opere di pittori come Giotto, Simone Martini, Ambrogio
Lorenzetti, è grazie alla gran quantità di opere di
artisti minori e spesso sconosciuti che possiamo identificare tipologie
e caratteristiche formali degli strumenti musicali.
La competenza organologica di questi pittori non risulta essere sempre
affidabile, ma le varianti tipologiche sono spesso un fertile terreno
di ricerca e di sperimentazione.
Questa registrazione è il risultato di un approfondito studio
sui documenti musicali così come sugli strumenti e sulle loro
tecniche esecutive per la ricostruzione di una "estetica musicale" del
primo trecento italiano.
La Ricostruzione
Per l'uso degli strumenti più diffusi, come il liuto e la
viella, l'iconografia rivela particolari interessanti: l'uso del
plettro è riferito costantemente per il liuto, da noi
ricostruito nella taglia piccola e media; l'accordatura ipotizzata per
quarte come nei principali strumenti ad arco - viella e ribeca - e le
rappresentazioni che mostrano diteggiature multiple sugli strumenti a
pizzico e ponticelli piatti sui cordofoni a sfregamento testimoniano a
nostro parere un loro uso eterofonico, ossia un suonare almeno due
corde per volta, una in accompagnamento e l'altra in dimensione
più melodica, entrambe comunque con un notevole impulso ritmico.
Meno raffigurata è la symphonia, cordofono antenato della
ghironda, la cui semplice forma - una cassa di legno - contiene una
ruota azionata da una manovella che sfrega delle corde la cui lunghezza
è variata da tangenti corrispondenti ad una tastiera.
Ricostruiti infine sono le lunghe trombe dritte ed i tamburi noti
all'epoca come "naccheroni" - piccola coppia tamburi di origine
araba appesi al corpo del suonatore - usati spesso in cerimonie per lo
più civili.
La Tradizione
Per i restanti strumenti da noi utilizzati, l'iconografia musicale del
trecento testimonia la stretta relazione tra l'arte medioevale e
numerosi aspetti della tradizione orale in musica; oltre alle
interessanti analogie tra le forme ed alcune particolarità
stilistiche dei repertori riscontrabili dall'analisi musicologica, lo
studio delle rappresentazioni rivela non solo strumenti simili a quelli
tuttora in uso nella musica tradizionale, ma spesso tecniche esecutive
assolutamente corrispondenti.
Numerose sono le raffigurazioni del flauto doppio e di altri strumenti
bicalami: nell'Italia centro-meridionale sono ancora in uso le
launeddas (clarinetti policalami sardi), flauti doppi di canna e
zampogne a due chanter.
Altrettanto presenti nell'iconografia medievale sono il tamburello,
ancora oggi motto diffuso, e la ciaramella, tipo di oboe popolare dalle
lontane origini e variegate forme.
Alcuni strumenti da noi utilizzati si distaccano morfologicamente dalle
forme trecentesche raffigurate, ma il loro impiego è
giustificabile per corrispondenze tipologiche e funzionali: è il
case della zampogna detta "zoppa", nella quale vengono azionate solo le
due canne melodiche, e della lira calabrese a tre corde, suonata ad
arco e tenuta verticale sulle gambe. Altri strumenti come il
tamburello, la tammorra (altro tamburo a cornice con sonagli, di taglia
maggiore e per cosso con varie parti delta mano e dell' avambraccio),
le castagnette (coppia di legnetti sonori tenuti nel palmo della mano)
ed il triangolo, oggi in uso prevalentemente nell'Italia centro -
meridionale, sono stati impiegati in quanto frequentemente raffigurati
nell'iconografia trecentesca anche in zone geograficamente distanti. La
permanenza di questi strumenti nelle regioni suddette è dovuta
alla maggiore conservatività del nostro meridione, area
periferica rispetto al nord, più interessato agli scambi
artistici e quindi più soggetto ad influenze esterne.
Oltre alle raffigurazioni dei singoli strumenti, sono di grande
interesse le rappresentazioni dei gruppi strumentali, che spesso
ricalcano gli abbinamenti di musicisti delle nostre culture musicali di
tradizione; tali formazioni ci hanno suggerito, ad esempio, la
ricostruzione dei brani strumentali, soprattutto i saltarelli e
l'istampita "Chominciamento di gioa" che di fatto è un
saltarello di maggiori proporzioni organizzato in strutture
ritornellate in concatenazione, chiare testimonianze della
continuità tradizionale tra le forme scritte dell'epoca
medioevale e l'attuale repertorio italiano popolare.
Liutai e costruttori
Liuti, viella - Vincenzo Cipriani, Assisi - PG
Symphonie - Sandra Fadel, Valmadrera - CO
Ciaramelle, Zampogna - Guatieri, Scapoli - IS
Della Voce
Al pari degli strumenti, un'accurata ricerca è stata condotta
sulla vocalità; è stato adottato un cantare spiegato e
naturale che permette una maggiore comprensione del testo e,
soprattutto, una notevole tensione della linea melodica, grazie ad una
emissione piena ed alla risonanza degli armonici più bassi, come
è riscontrabile negli usi musicali delle più arcaiche
culture italiane di tradizione. Questa scelta è stata operata
anche in base ai documenti iconografici che raffigurano i cantori
prevalentemente con il capo rivolto verso l'alto e con la cavità
orale molto aperta, impostazione che permette l'emissione agevole di
suoni "di petto" piuttosto che "di testa".
The Micrologus Ensemble of Assisi is a group of musicians with different
artistic backgrounds, specialized in the research, study and
interpretation of European musical repertoires from the late Middle Ages
(XI-XVth centuries).
The executions performed by the group are
the result of source investigation, of historic, palaeographic and
iconographic research, besides the study of musical instruments and
their very accurate reconstruction and use.
Particular attention
is devoted to ethnomusicology and the collation of repertoires having an
oral tradition with mediaeval written music.
"Amor mi fa cantar" is the first recording by the Micrologus Ensemble.
It
is the outcome of exhaustive investigation of the most ancient Italian
musical documents written in XIVth. Century vernacular.
The
criterion used for this repertoire is the great originality of musical
and poetical techniques in the composition: the earlier monodic ballata
(in all probability a form of music for dancing and convivial occasions)
, the madrigal for two voices, with sweeping melismas and forms of
archaic polyphony, and instrumental. dances - the first written
testimony in Italy of pieces definitely unaccompanied by singing
(saltarellos and estampies).
Of very great interest are the
compositions contained in the Rossi Codex, and in the Ostiglia fragment.
This manuscript, only studied recently, is the most ancient of the
Trecento Ars Nova codices, and can be dated to the first half of the
XIVth. Century.
The type of language used and certain
geographical indications reveal the presumable area of origin to be
around the Po delta, the Colli Euganei and Verona, where the artistic
convergences of composers of the period took place.
It should
noted that, with the exception of certain pieces whose concordance makes
them ascribable to the Fiorentine Maestro Piero and Giovanni da Cascia,
the compositions contained in the Rossi Codex are anonymous ones.
Their
musical stile and literary form reveal certain particularities which
suggest that this repertoire belongs to the very first phase of Italian
non-liturgical polyphony.
A fascinating example of continuity of
use for poetical, if not musical, material is the ballata "Dolce lo mio
drudo" whose literary text, in Siciliana form, is attributed to
Frederick II of Swabia in a XIIIth. Century Vatican manuscript.
The
fragmentation of the poetical text in the musical version is of
particular interest, in as much as this technique enhances the dramatic
force of the execution, and is still used by Sicilian ballad singers
today.
From the London Codex comes the caccia "Segugi a cord e
can per fa foresta"; the manuscript makes no mention of the author, but
it can be attributed to Maestro Piero, one of the earliest composers of
caccias: typical of this melodic form is the imitative style of the
upper voices, and the use of onomatopoeic sounds and environmental
references.
Among the hundreds of Italian Trecento musical
compositions, the only instrumental pieces are the fifteen excerpts
contained in the British Library manuscript, but it can realistically be
assumed that instrumental music was widely performed for dancing and
for entertainment.
The pieces that open and close "Amor mi fa
cantar" are elaborations of a Rossi Codex madrigal and a late XIIIth.
Century lauda, respectively "La desiosa brama" and "Stella Nova". We are
convinced that a considerable part of the instrumental music of that
period was in fact improvised, or at least elaborated on the basis of
pre-arranged models and materials belonging to repertoires of the day or
from a recent musical past.
Micrologus Ensemble
Patrizia Bovi - vocal
Marco Beasley - vocal
Marco Carpiceci - vocal, symphonia
Ulrich Pfeifer - vocal, symphonia
Adolfo Broegg - lute
Goffredo Degli Esposti - double flute, shawm, bagpipe
Maurizio Picchiò - nakers, tambourine
Gabriele Russo - fiddle, rebec, lyre, trumpet