Carmina Gemina  /  Ensemble Comtessa de Dia


A medieval journey through Cantigas de Santa Maria,
Llibre Vermell de Montserrat & Codex Buranus








davinci-edition.com
Da Vinci Classics  C00177

2019

[57:23]







1. Tantos vai Santa Maria   [1:48]   Cantigas de Santa Maria   CSM  371
2. Rosa das Rosas   [1:25]   Cantigas de Santa Maria   CSM  10

3. In Taberna quando sumus   [2:27]   Codex buranus   CB  196

4. Stabat Mater   [2:08]

5. Mariam Matrem   [2:42]   Llibre vermell de Montserrat   LV  8

6. Nomen a solemnibus   [3:04]   Codex buranus   CB  52
7. Bacche bene venies   [3:00]   Codex buranus   CB  200

8. La Manfredina   [2:36]

9. Jube Domine   [2:56]

10. Quinta estampie   [1:22]

11. Splendens Ceptigera   [1:22]   Llibre vermell de Montserrat   LV  4
12. Los set goyts   [4:49]   Llibre vermell de Montserrat   LV  5

13. Il lamento di Tristano   [4:11]

14. Virent prata   [3:46]   Codex buranus   CB  151

15. Quarta estampie   [2:44]

16. Ben guarda Santa Maria   [2:26]   Cantigas de Santa Maria   CSM 257

17. L'Homme armè   [1:49]

18. Procurans odium   [1:22]   Codex buranus   CB  12

19. Cunctipotens genitor Deus   [1:37]

20. Dulce solum   [3:19]   Codex buranus   CB  119

21. Saltarello   [1:34]

22. Chanson balladée   [2:14]   Antonino Riccardo Luciani

23. Alte clamat epicurus   [2:43]   Codex buranus   CB  19











Ensemble Comtessa de Dia
Fondato nella città di Napoli circa dieci anni fa da Ferdinando de Martino deve il suo nome alla compositrice Beatryz de Dia, poetessa e musicista dell’epoca trobadorica. II coro è nato e si è sviluppato con la precisa volontà di arricchire le proposte culturali nel campo del concertismo polifonico. Il gruppo ha avuto nel tempo una divisione in più formazioni vocali: coro polifonico misto a quattro e sette parti, coro femminile, gruppo cameristico. L’ensemble, molto attivo in Italia ed in particolare nella regione Campania, ha legato il suo lavoro di studio sia ad un’attività concertistica vicina al repertorio polifonico classico (fra cui figurano autori quali A. Scarlatti, G.B.Pergolesi, F. Durante, ma anche polifonisti del periodo romantico come A.Bruckner, E.Elgar e H.Berlioz), sia dedicandosi ad un lavoro di ricerca e valorizzazione di partiture e codici seppure noti, raramente eseguiti o realizzati in forma di concerto. Nel 2009 il gruppo è stato scelto per eseguire un concerto di canti gregoriani in occasione del restauro di un raro antifonario del 16° secolo custodito nella chiesa dell’Annunziata di Giugliano e riconsegnato simbolicamente al vescovo di Aversa. Nel 2010 l’ensemble ha inaugurato la rassegna Musica al Museo presso il Museo Archeologico di Napoli e nell’autunno 2017 il gruppo ha condotto uno studio specifico delle fughe dell’Atalanta Fugiens di M. Maier, realizzando un concerto in collaborazione con l’attore P. Cresta per il quarto centenario della prima pubblicazione dell’opera di Maier con il patrocinio del Comune di Napoli ed il plauso dell’Università di Amsterdam e della Columbia University di New York.

Tra le partiture più interessanti proposte vanno ricordati i cicli di concerti sul Codex Buranus, i concerti dedicati al Libro Rosso di Montserrat e la selezione realizzata dai quattro codici delle Cantigas de Santa Maria e proposta più volte in forma di concerto.


Ferdinando de Martino
Compositore ed interprete di musica antica nonché direttore di coro e di ensemble cameristici, ha studiato sotto la guida di R. Piemontese (armonia), U. Zamuner (pianoforte) e G. Turaccio (contrappunto e composizione). Dirige stabilmente l’Ensemble Comtessa de Dia e collabora come direttore con il gruppo madrigalistico Esedra. Nel corso degli anni ha diretto per associazioni ed istituzioni musicali quali: Fondazione Gesualdo, Sorrento Jazz Festival, INAF, MANN, Miradois onlus, Club UNESCO Napoli, Touring Club, Associazione Alessandro Scarlatti, Aliopere, Museo del Duomo d’Amalfi, Museo del castello d’Acerra, Napolinvita, Museo Villa Pignatelli, Università degli studi di Caserta, Eco di Pan, UNARTGROUP e molte altre. Da alcuni anni è presidente dell’associazione culturale CERSIM e dal 2014 è direttore artistico del Centro di Musica da Camera Cersim che ha sede nella chiesa napoletana detta La Graziella sorta sulla platea del celebre Teatro S. Bartolomeo. In qualità di direttore artistico ha collaborato con associazioni ed artisti di livello nazionale ed internazionale tra cui: Conservatorio di S. Pietro a Maiella, Handel House di Londra, Fondazione Hasse di Bergedorf, Corriere della Sera, Laboratorio LICOS, Associazione Malibran, Tullio de Piscopo, Enzo Avitabile, Barbara Frittoli, Raffaella Ambrosino, Fiorenza Cedolins, Institute Français Grenoble. Attivo come organizzatore e consulente musicale di eventi culturali nella regione Campania, collabora con regolarità con giornalisti e scrittori come Angelo Otero, R. Limongi, Stefano Valanzuolo, D. Ascoli e attori quali Paolo Cresta, Andrea Manferlotti, Rosalba di Girolamo. Autore di musica polifonica, cameristica e atti unici per il teatro, ha inciso per progetti di installazione sonora brani tratti da sue opere tra cui l’oratorio “Visioni di S. Giacomo della Marca” su musiche originali ed adattamenti di brani della polifonia classica. Tra i suoi lavori cameristici più significativi “Le Ali del Simurgh” per due voci recitanti e orchestra da camera, la fiaba musicale Gid e il Manfred per piano e voce recitante realizzato con A. Manferlotti per Graus Editore su testi di A. Manferlotti da Carmelo Bene.













Canto e sacralità nell’Europa del Medioevo

Sul Medioevo in questi ultimi due decenni è stato scritto tanto ed in più sedi e forse non sempre offrendo una giusta prospettiva ad un vasto pubblico. Eppure quell’arco di secoli che va dalla caduta dell’Impero romano d’occidente e idealmente si chiude con il principio dell’Età moderna continua ad affascinare un nutrito gruppo di tecnici e curiosi della storia o semplici appassionati di usi e costumi di quei secoli. Certamente a colpire l’immaginario collettivo sono le radici ancor vive in tante feste tradizionali, nomi di luoghi o monumenti di grande impatto paesaggistico presenti in diversi paesi europei. Il Medioevo musicale poi, rivissuto in forme diverse è un mondo ancora tutto da esplorare e studiare con attenzione e da proporre con maggior frequenza perché apprezzato più di quanto si possa immaginare anche da un orecchio meno avvezzo a programmi di musica antica. I brani che fanno parte di questa incisione sono tratti principalmente da tre codici, molto noti nell’ambito degli studi musicologici e cioè: il Codex Buranus, i codici delle Cantigas de Santa Maria ed il Llibre Vermell de Montserrat. Il motivo che mi ha spinto a creare una selezione dei tre codici è dato da alcune caratteristiche degli stessi da un punto di vista letterario oltre alla genuina musicalità che li contraddistingue. Essi ci permettono in primo luogo un viaggio ideale nell’Europa del Medioevo attorno all’anno mille. Le Cantigas furono raccolte in Spagna per Re Alfonso il Saggio, il Codice di Montserrat raccoglie preghiere per i devoti della Vergine in visita all’omonimo Santuario e il Codex Buranus è una raccolta di canti goliardici e non solo realizzata ad opera di studenti e professori dell’università dell’epoca, custodita oggi nella biblioteca statale di Monaco di Baviera. Molti brani contenuti nei codici ed incisi nel disco ci danno la possibilità inoltre di affrontare il tema della commistione e fusione tra culto pagano e cristiano, fenomeno tipico di quel tempo, da cui il titolo del cd, Carmina Gemina cioè Canti Gemelli. In effetti l’idea di una “doppia” cifra di lettura è suggerita da molti fra i simboli presenti nei testi e nel concetto stesso di religiosità, soprattutto popolare, vissuta nell’epoca medioevale. La Madonna Nera di Montserrat ci si mostra più come una dea pagana resa più mite e meno avvenente dall’apparato iconografico che la circonda eppure sicuramente lontana dall’immaginario cattolico della Vergine Santa. Le leggende contenute nelle storie delle Cantigas ci mostrano una versione della Vergine Maria certamente benevola ed amorevole con i suoi figli ma anche volitiva se non vendicativa per certi aspetti e così il mondo che emerge dal Codex Buranus è sicuramente un universo di emozioni più vicino alla simbologia greco – romana che a quello di un’Europa cristianizzata. Il canto spesso è ancora un voto alle forze immateriali dietro alla natura sensibile, che l’uomo del tempo vedeva e viveva ben più di noi, muovendosi all’interno di civiltà agricole e quindi legate fortemente ai cicli della natura e vivendo quel concetto sacrale di rapporto fra l’umano e le forze che reggono il mondo che noi possiamo intuire e studiare ma certo non comprendere nella sua pienezza. L’idea del canto corale quale mezzo per elevarsi al divino in senso genuinamente cristiano è appannaggio di un’elite ed ha una valenza ancora squisitamente “magica” e non certo di orpello all’apparato dell’ordo missae come pure avverrà nel tardo Rinascimento e per tutta l’epoca barocca. Nel lavorare alle partiture da studiare con i coristi ci siamo posti come punto di partenza i manoscritti originali, oggi reperibili con una certa facilità. Per quanto il mio intento di incidere questo repertorio avesse anche una esigenza estetica, ho cercato in una certa misura di attenermi ad alcuni criteri filologici. Così l’organico con cui abbiamo realizzato la ricostruzione dei canti è essenziale, poche voci, alcune percussioni come i cimbali, i tamburi a cornice di vario genere e i flauti dolci. Soprattutto la voce umana ci è sembrato l’elemento essenziale da valorizzare e rendere protagonista e sfruttare in alcuni casi in cui si è voluto ricostruire un canto altrimenti impossibile da riproporre o per permettere una esecuzione corale più omogenea adoperando criteri contrappuntistici “in stile” e concedendoci in alcuni casi il raddoppio per ottave tra voci femminili e maschili. Dei tre codici quello che ha posto più problemi interpretativi e di esegesi musicale è sicuramente il Codex Buranus che diviso nelle sue ampie quattro sezioni e cioè Carmina Moralia, Carmina Veris et Amoris, Carmina Lusorum et Potatorum e Carmina Divina, offre al musicista la possibilità di adoperare solo 47 composizioni e con diversi limiti interpretativi non essendo quel tipo di scrittura riconducibile ad una chiara divisione dei tempi. In egual misura la ricchezza dei testi, a volte potente nelle immagini che evoca e a volte squisita nella sua fattura poetica, impone delle scelte estetiche che rendono necessarie non solo una valutazione rigorosa delle indicazioni di dinamica ma anche una certa ricostruzione del brano piuttosto che un’altra ; i canoni presenti nel codice di Montserrat sono invece di più facile approccio e possono suggerire tutto un ventaglio di soluzioni sia costruttive che di interpretazione. Fanno da cornice ai canti alcuni brani musicali tratti dal Codice di Londra come il celebre saltarello ed altri pezzi sacri quale il solenne Stabat Mater, nota sequenza gregoriana riproposta a due voci affiancando alla linea gregoriana una sorta di bordone acuto per esaltarne la forza drammatica. L’arco di secoli ricoperto dalla selezione proposta va dal 1.000 a circa il 1.300, epoca in cui furono aggiunti i Carmina Divina al Codex Buranus e forse sfora anche l’anno mille essendo alcune di queste delle raccolte di composizioni eseguite anche nei secoli precedenti. La tavolozza di melodie e suggestioni che se ne trae è quanto di più vario si possa immaginare e la dice lunga sulla realtà della vita e degli ideali in piena epoca medioevale.

Vogliamo ancora ricordare tra gli altri brani non compresi nei tre codici principali ed inclusi nel programma del disco la travolgente Chanson Balladée di Antonino Riccardo Luciani che di fatto non appartiene al periodo medioevale e gioca nel programma un ruolo di divertissement musicale. La Chanson fu scritta in stile rinascimentale negli anni ‘70 per il noto programma televisivo “Almanacco del giorno dopo” e proprio grazie alla diffusione mediatica entrata nel tempo nell’immaginario comune non solo del periodo cui si ispirava, bensì di un’intera era, tanto da essere stata attribuita alla figura di un grande compositore francese, figura cardine nello sviluppo della musica medievale: Guillame de Machaut (1300 – 1377).

Autore della prima messa creata da un solo compositore, la notissima Messa di Notre Dame, musicista e poeta, de Machaut incarna appieno la figura del compositore emergente, intellettuale ed individualista ma ancora partecipe di un sentire collettivo e parte di una vita religiosa fortemente legata ad un senso del sacro vivo e legato ai cicli rituali del paganesimo. La stessa Messa di Notre Dame oltre a costituire un modello compositivo imprescindibile per la nascente Ars Nova risulta ancora pregna di passaggi melodici di ieratica bellezza, misto di polifonia e omofonia gregoriana, complessa costruzione di suoni che indugiano verso l’armonia ma sempre con tensioni rituali e slanci di pura trascendenza. Il contrappunto del tardo medioevo resterà un punto di partenza di grande fascino per i compositori del Rinascimento e per gli studiosi del pieno Novecento e non credo sia un caso che uno dei didatti più acuti del XX secolo, fra i massimi divulgatori dell’armonia funzionale e cioè de la Motte, citi nel suo trattato di contrappunto non tanto autori del ‘600 e ‘700 ma Josquin Desprez cioè un grande contrappuntista del rinascimento fiammingo, figlio proprio di quell’Ars Nova di cui si accennava. Un’arte severa ma ricca di pathos, che parlava al cuore molto più che alla mente, un’architettura di forme sonore fluide ma estremamente calibrate e frutto di un artigianato probabilmente perso per sempre e da cui ancora oggi abbiamo molto da apprendere.

Note a cura di Ferdinando de Martino