Rosa das Rosas  /  Chominciamento di Gioia


il Simbolo della Rosa nel Medioevo







medieval.org
Edizioni Musicali III Millennio CDA 0144

2002

cm










1. Rosa das rosas   [5:36]   Cantigas de Santa Maria · sec. XIII · CSM 10
canto AT SB, coro SB AR LS, oud LP, arpa OE, viella GR, flauto traverso LL, tabor EdF


2. Ther is no rose of swych vertue   [2:39]   carol, anonimo inglese · sec. XIV
canto AT SB, coro AR LS, arpa doppia OE, vielle LP GR, campane EdF


3. Ave Rosa novella   [2:42]   ms. Wolfenbüttel · sec. XIV
canto AT, coro SB AR LS, arpa OE, vielle LP GR, flauto traverso LL, tabor EdF, sonagli EdF, crotali EdF


4. En mai quant rosier ~ L'autrejour ~ Hè resvelle   [3:02]   Montpellier Codex · sec. XIII
canto AT SB AR, arpa OE, vielle LP GR, flauto traverso LL, crotali EdF


5. Rose, liz   [4:39]   GUILLAUME de MACHAUT · sec. XIV
canto SA, arpa doppia OE, salterio EdF, vielle LP GR


6. Ex semine rosa ~ Ex semine Abrahe ~ Ex semine   [3:42]   Bamberg Codex · sec. XIII
canto AT AR, coro SB AR LS, arpa OE, salterio EdF, vielle LP GR, flauti dritti LL GR, flauto traverso LL


7. O Maria rubens rosa   [3:28]   Engelberg Codex · sec. XIV
canto AT, coro SB AR LS, arpa doppia OE, viella GR, flauto traverso LL, campane EdF


8. Quant flourist la violete et la rose ~ El mois de mai   [2:18]   Bamberg Codex · sec. XIII
arpa OE, vielle LP GR, flauto traverso LL, tabor EdF


9. Vos flores rosarum   [5:20]   HILDEGARD von BINGEN · sec. XII
canto AT, coro SB AR LS, salterio EdF, symphonia GR, campane OE


10. En mai la rousèe   [2:43]   THIEBAUT de NAVARRE (?) · sec. XIII
canto AT, arpa OE, salterio EdF, vielle LP GR, flauto dritto LL, flauto traverso LL, tamburi a cornice con cimbali EdF


11. Rosa veris paradisus   [4:05]   ms. lat. 1343. Parigi. B.N. · sec. XIV
canto AT, coro SB AR LS, arpa OE, salterio EdF, vielle LP GR, flauto dritto LL


12. La rosa enflorece   [5:03]   anonimo sefardita · sec. XIV
canto AT, coro SB AR, oud LP, arpa OE, salterio EdF, lira GR, flauto traverso LL, darbouka EdF


13. Rosa fragrans   [2:32]   rondellus, ms. Oxford · sec. XIII
salterio EdF, viella GR, flauto traverso LL, campane EdF


14. L'an que rose ne fuille   [5:32]   CHATELAIN de COUCY · sec. XIII
canto SA, liuto SA, giga LP, flauto traverso LL, tamburi a cornice con cimbali EdF


15. En non Dieu ~ Quant voy la rose ~ Nobis   [2:42]   Bamberg Codex · sec. XIII
canto AT SB AR, arpa OE, salterio EdF, viella LP, flauto dritto LL, tamburi a cornice con cimbali EdF


16. Vernans rosa   [4:10]   lauda, Antifonario di Bobbio · sec. XIV
canto AT, coro SB AR LS, arpa OE, ribeca LP, symphonia GR, flauti dritti LL GR, flauto traverso LL, tabor EdF, naqqara EdF, sonagli EdF












Chominciantento di gioia

• Antonella Tatulli — canto/chant: 1 2 3 4 6 7 9 10 11 12 15 16
• Stefano Albarello — canto/chant: 5 14 — liuto/lute: 14
• Sara Borioni — canto/chant: 1 2 4 15 — coro/choir: 1 3 6 7 9 11 12 16
• Adele Rossi — canto/chant: 4 6 15 — coro/choir: 1 2 3 6 7 9 11 12 16
• Laura Scipioni — coro/choir: 1 2 3 6 7 9 11 16
• Elisabetta Di Filippo — salterio/psaltery: 5 6 9 10 11 12 13 15 — tabor: 1 3 8 16 — daf: 14 — campane/bells: 2 7 13 — naqqara/nakers: 16 — darbouka: 12 — sonagli/jingles: 3 16 — crotali: 3 4 — tamburi a cornice con cimbali/timbrels: 10 14 15
• Olga Ercoli — arpa/harp: 1 3 4 6 8 10 11 12 15 16 — arpa doppia/double harp: 2 5 7 — campane/bells: 9
• Luigi Lupo — flauto traverso/traverse flute: 1 3 4 6 7 8 10 12 13 14 16 — flauti dritti/recorders: 6 10 11 15 16
• Luigi Polsini — viella/fiddle: 2 3 4 5 6 8 10 11 15 — oud: 1 12 — liuto/lute: 7 13 — ribeca/rebec: 16 — giga/pear shaped fiddle: 14
• Gianfranco Russo — viella/fiddle: 1 2 3 4 5 6 7 8 10 11 13 — symphonia/hurdy gurdy: 9 16 — flauto dritto/recorder: 6 15 — lira/bowed lyre: 12



vielle/fiddles: Tonino Bianchini - Roma 1987, Marco Salerno-Zagarolo (Rm) 1999
lira/bowed lyra: Giuseppe Severini - Randazzo (Ct) 1996
ribeca/rebec: Giuseppe Severini - Randazzo (Ct) 1996
symphonia/hurdy-gurdy: Roberto Caravella - Vetralla (Vt) 1995
giga/pear shaped fiddle: Marco Casinighi - Milano 1997
arpa/harp: Marco Salerno - Zagarolo (Rm) 1998
arpa doppia/double harp: Tim Hobrough - Inverness (GB) 1990
liuto/lute: VincenzoCipriani - Assisi (Pg) 1995
oud: Vefa Aldemir-Turchia 1984
salterio/psaltery: Marcello Bono - Roma 1983
flauto traverso/traverse flute: Giovanni Tardino - Genammo (Rm) 2001
flauti dritti/recorders: Luca De Paolis - L'Aquila 2000, Klaus Schiele - Germania 1985
tabor, naqqara/nakers: Massimo Monti - Roma 1998
daf, darbouka: Anonimi-Paesi Arabi
tamburelli, crotali, tamburi a cornice con cimbali/timbrels, campane/bells, sonagli/jingles: Anonimi



Trascrizioni e revisioni: Gianfranco Russo
Elaborazioni: Gianfranco Roso e Luigi Polsini
Produzione: Giuseppe Mostati per le Edizioni III Millennio
Direzione Artistica: Claudio Pelati

Registrazione e Finalizzazione Master: Paolo Modugno, O.A.S.I. Studio (Roma)
Direttore di Registrazione e Montaggio Digitale: Stefano Albarello
Grafico: Marco Animobono

Registrato il 21,22,23/08/2001 presso la chiesa di San Giovanni Battista (XIII secolo) a Sacrofano (RM)

http://web.tiscalinet.it/chominciamentogioia

Progetto Grafico: Cristina Casamirra, chiccamirra@yahoo.it





English liner notes











Il Simbolo della Rosa nel Medioevo

L'evoluzione del pensiero dell'occidente medievale vede svilupparsi nel XII secolo a Chartres, sede di una delle più importanti università del tempo, un'idea della Natura intesa come insieme ordinato di fenomeni, possibile oggetto di indagine razionale non più costretta dai riferimenti simbolici che ne avevano caratterizzato la concezione dell'alto medioevo. Questa ispirazione, espressa da Guglielmo da Conches e Teodorico di Chartres, comincia ad avvertire come insufficiente l'interpretazione del mondo attraverso quegli strumenti ermeneutici propri dell'esegesi biblica, che, richiesti dall'assoluta interconnessione tra Scrittura e Natura, entrambe emanazione della Mente Divina, riducevano i fatti della realtà fisica a segni del discorso rivolto da Dio agli uomini. La nuova filosofia della Natura provocò violente reazioni da parte della teologia tradizionale che, ancora per tutto il XIII secolo e buona parte del XIV, riuscì a tenere saldamente le redini della speculazione filosofica e scientifica, influenzando anche l'espressione artistica e i più banali aspetti della vita quotidiana. Secondo la dottrina canonica solo un'appropriata chiave simbolica poteva dare significato ai fenomeni e agli eventi del mondo fisico svelandone funzioni e relazioni. Infatti, poiché tutto ciò che avveniva nel "Macrocosmo" (Immagine dell'Universo, Locus dove è Dio, Luce Creatrice) si riverberava secondo opportune proporzioni e corrispondenze sul "Microcosmo" (l'Uomo, creato ad immagine di Dio, e la Natura creata intorno ed in funzione dell'Uomo), era necessario un complesso sistema di simboli che potesse decifrare il senso di queste risonanze. In un mondo siffatto tutto era metafora, l'astratto come il concreto: il Numero, la Forma, il Colore, gli Astri, ma anche le pietre, i metalli, le piante e gli animali. Un intricato ordine di interdipendenze e correlazioni finiva spesso per confondere segno e simbolo, involvendo il pensiero medievale in una complessità che risolveva nella rassegnata contemplazione del Volere Divino. La funzione del simbolo era dunque mettere in comunicazione l'Alto con il Basso, il Cielo con la Terra, Dio con l'Uomo.

Nella ricchissima simbologia medievale la Rosa ha un ruolo di primo piano, tanti erano significati esoterici o popolari, religiosi o letterari che era chiamata ad incarnare in un intreccio semantico di variabili quali forma, colore, profumo, numero dei petali, presenza di spine. Già nella cultura classica era il corrispondente occidentale dell'asiatico fiore del Loto, entrambi associati per forma alla Ruota, simbolo esoterico tra i più importanti e complessi in tutte le culture del mondo conosciuto. Nell'antico Egitto la Rosa era il fiore consacrato ad Iside, dea della rinascita e personificazione della Natura, del pari era sacro ad Afrodite dea dell'eros e della rigenerazione nel pantheon greco e in quello romano. Proprio da Chartres, contemporaneamente all'evolvere della nuova filosofia della Natura, supportata dalla rilettura di testi dell'antichità classica e della cultura araba, prende il via il processo di trasformazione dei culti pagani della Natura-Grande Madre e allegoria della Femminilità Generatrice, in quello della Vergine, Madre di Dio, ma anche Madre Misericordiosa per tutti gli uomini. Questa traduzione dell'Amore Profano in Amor Sacro ne trasferisce anche i simboli ed ecco che la Rosa, consacrata a Maria, diventa nel personificarla "il Fiore tra i Fiori" e assume il più importante tra i suoi significati nella simbologia medievale. Attraverso le metafore della tradizione biblica, dove nell'Eden il roseto rappresentava Eva e quindi il Peccato, a Maria, l'anti-Eva (non è casuale la salutazione "Ave Maria", dove il latino Ave è antipodo di Eva), viene dedicata una Rosa senza le spine, segno della fragilità e caducità dell'anima tentata dal peccato, e di colore bianco, indice di purezza, che sostituisce il vermiglio, colore della passione e della vergogna per il peccato commesso. La Rosa bianca, regina dei fiori, emblema della Vergine, Regina dei Cieli, indica la salvazione, la purezza, la devozione. Nel medioevo solo le vergini potevano indossare ghirlande di rose bianche, testimonianza della virtù mariana. Nella letteratura di lode e di preghiera la Vergine Maria viene invocata con appellativi quali "Rosa Mystica", "Rosa Fragrans", "Rosa Rubens", "Rosa Novella", fino a "Rosa das Rosas", Rosa tra le rose, superlativo di maestà della "Regina delle regine". Ma la Madre di Cristo è prima di tutto una madre: pietosa e misericordiosa, intercede presso Dio per tutti i suoi figli sofferenti nell'animo e nel corpo.

Questo aspetto di Maria artefice di salvezza fisica e spirituale, e nella mentalità medievale l'infermità era corollario del peccato, si trasferisce nell'uso della Rosa come talismano contro il male. Se nella medicina è adoperata in varie preparazioni per le sue qualità taumaturgiche, come cura per gli incubi, l'ansia, la vista, la rabbia (rosa canina), la superstizione e la devozione le attribuiscono poteri magici come la capacità di allontanare qualunque malattia: durante le pestilenze che spazzarono l'Europa si portavano indosso rose come presidio e amuleto contro il rischio del contagio. Con i petali di rosa si depurava l'aria e si disinfettava il vestiario.

Moltissime leggende medievali contemplano la Rosa come testimonianza di un intervento miracoloso della Vergine: in una delle Cantigas de Santa Maria del XIII secolo, un monaco dedica quotidianamente alla Madonna cinque salmi, uno per ogni lettera del nome di Maria. Alla sua morte cinque rose crescono sulla sua bocca tra lo stupore dei confratelli. Un simile miracolo avviene nei coevi Les Miracles de Nostre Dame di Gautier de Coinci, in cui un chierico, morto senza confessione, viene sepolto in terra sconsacrata e la Vergine; impietosita, fa nascere una rosa nella sua bocca per dimostrare la propria intercessione. Ancora nelle Cantigas de Santa Maria, un cavaliere devoto, che ogni giorno recitava il rosario su una ghirlanda di rose fresche, si salva dai suoi nemici che, pur avendolo sorpreso in condizioni di svantaggio, vedono al suo posto, per azione divina di Maria, una vergine che intreccia corone di rose e si ritirano disorientati. Una leggenda, che vuole l'etimologia del rosmarino provenire da Rosa Mariae, Rosa di Maria, narra come la pianta avesse in origine fiori bianchi che si tinsero d'azzurro quando la Madonna aprì il proprio manto sull'arbusto.

Un altro simbolo sacro della Rosa è direttamente mutuato dalla sua forma circolare e dalla disposizione dei petali, che come un mandàla rappresentano l'idea della perfezione e dell'infinito. A questa immagine circolare di perfezione si collega quella della Rosa specchio del Paradiso: Dante nella Divina Commedia vede Maria al centro dei cieli concentrici del Paradiso come Rosa che regna al centro della Rosa. Dal Cerchio alla Ruota, simbolo dello scorrere infinito del tempo e paradigma dell'eternità e dell'Eterno, la Rosa assume nuove valenze simboliche del divenire dell'opera divina e del divenire dell'Opera tout court nel traslato ermetico dell'alchimia. La Rosa, sembiante del lapis philosophum, la pietra filosofale, è uno dei fiori eletti degli alchimisti, i cui trattati hanno titoli come "Roseto dei filosofi", "Rosarius", o il "Rosarium" attribuito ad Arnaldo da Villanova. La Rosa bianca era associata alla pietra al bianco della "piccola opera", mentre la Rosa rossa era collegata alla pietra al rosso della "grande opera", la Rosa azzurra era la figurazione dell'Impossibile, inoltre ciascuno dei sette petali della Rosa alchemica evocava un metallo, un pianeta o un passaggio dell'Opera.

Legata al cerchio, simbolo del cielo e del disco solare, troviamo un'interessante stilizzazione della Rosa nei rosoni che, insieme alle finestre a feritoia laterali, illuminavano le vaste e scure cattedrali gotiche. I rosoni nel rappresentare, per la loro forma, la bellezza e la perfezione della Creazione, sono altresì proiezioni del mistero di Dio-Luce e Fonte di vita. Queste finestre, porte di comunicazione tra il mondo divino e quello dell'uomo, sono più ampie nella parte rivolta all'interno e più strette in quella che guarda l'esterno, poiché la luce, specchio della Rivelazione Divina, penetra nella chiesa, simbolo dell'interiorità dell'uomo, attraverso piccoli spiragli, ma subito si diffonde nell'esperienza della contemplazione. Vi sono vari tipi di rosoni e ognuno ha un suo significato: a sei petali è associato al sigillo di Salomone, a sette petali indica l'ordine settenario del mondo, a otto petali la rigenerazione, a dodici petali gli apostoli. La disposizione dei tre rosoni nel costante orientamento dell'architettura delle cattedrali suggerisce un nesso con la scienza alchemica: nel corso della giornata, seguendo il percorso del disco solare, nei tre rosoni si succedono i colori dell'Opera secondo un processo circolare che va dal nero (il rosone settentrionale mai illuminato dal sole), al colore bianco (il rosone del transetto meridionale illuminato a mezzogiorno) e al colore rosso (il rosone del portale illuminato al tramonto).

In vari autori compare l'enigmatico "Sanguis Rosaceus", il sangue color di Rosa, che ritroveremo nella mistica cristiana sul sangue salvifico del Redentore. Il Cristo è il "Filius Macrocosmi" dal cui fianco scorre questo Sangue Rosaceo, l'Acqua Eterica, equivalente alla Quintessenza del "Filius Microcosmi". E' questa l'Essenza Universale che tutte le trascende come il Cristo, unico e perfetto Salvatore degli uomini, Uomo e Dio al tempo stesso che sarà simbolizzato, se non identificato, con la Pietra Filosofale in un parallelismo che potrebbe avere contribuito a veicolare la mistica della Rosa nell'alchimia cristiana. La Rosa è, infatti, anche il simbolo della coppa che raccolse il sangue del Redentore, il Graal, mistico contenitore che per identificazione con il contenuto rappresenta parimente il sangue del Cristo, il Cristo stesso e quindi il compimento dell'opera di salvazione tramite il martirio. Nelle agiografie medievali la santità del sacrificio supremo è spesso rappresentata dall'apparire di rose rosse. Compaiono ad esempio nel martirio di santa Dorotea o in quello di sant'Agnese, che, dopo l'esecuzione, a riprova della vera fede, torna dal Paradiso con un cesto di rose in pieno inverno. I martiri stessi sono, come ci testimonia Hildegarda von Bingen, "Flores Rosarum". Ma già la Rosa è trasmutazione del sangue: le gocce di sangue del Crocefisso sparse in terra si trasformano in rose e così avviene per quelle cadute dalle stimmate di san Francesco. Ma il martirio è anche strumento di purificazione e di rinascita. Il sangue del martirio è dunque anche sangue di redenzione, un sangue simbolico che ri-unisce e re-integra, il singolo come le moltitudini, sempre nel segno della Rosa, che già nella tradizione ebraica (la Rosa di Sharon del Cantico di Salomone) esprime la comunità dell'Israele spirituale, luogo della presenza divina nel mondo.

La Rosa come allegoria dell'immortalità, o del passaggio ad una vita altra, era conosciuta fin dall'antichità: la troviamo raffigurata nelle tombe egizie e i romani celebravano a maggio le "Rosalie", ludi floreali presso i luoghi di sepoltura in cui si offrivano rose ai Mani dei defunti, tanto che roseto fu per lungo tempo sinonimo di cimitero. I primi cristiani, per non confondersi con i pagani, rifiutarono di onorare i propri morti con le rose. Fu il medioevo dei conventi, nei cui orti da Carlo Magno in poi la coltivazione del fiore fu obbligatoria, a recuperare il simbolo di preparazione all'eternità e proprio l'olio di rose divenne veicolo del sacramento per i moribondi. Anche l'Islam contribuì all'elevazione mistica del roseto: per i musulmani il Giardino delle Rose simboleggiava il giardino della contemplazione, era nella "...Rosa pregna del suo profumo, il segreto del tutto". Intorno all'anno mille un poeta persiano recita: "Se hai due monete con una compra il pane, con l'altra compra rose per il tuo spirito". La Rosa del martirio, irta di spine a indicare la sofferenza, aveva cinque petali come le piaghe di Cristo, ma anche in virtù della scomposizione del numero cinque in "quattro più uno", dove il quattro rappresenta un ciclo completo e quindi la morte e l'uno il nuovo inizio, cioè la vita eterna. Le spine feriscono e proteggono, per cui la Rosa diviene immagine di riservatezza, e sui confessionali si intagliano rose con il motto "Sub Rosa" a indicare il pegno di segretezza del sacramento della Confessione. Complessi legami associano la Rosa al fuoco. Nel medioevo durante la messa di Pentecoste si facevano piovere sui fedeli petali di rosa, allegoria dello Spirito Santo manifestatosi in forma di fiamma divina sul capo degli Apostoli.

Dedicata fin dall'antichità alle divinità dell'Eros come Iside o Afrodite, la Rosa mantenne anche in epoca cristiana le caratteristiche simboliche della passione e della carnalità. Nel medioevo le prostitute, sacerdotesse dell'amore profano, erano obbligate a portare una rosa al seno, tanto che in Francia erano semplicemente chiamate "roses". Ma l'Eros, forza vitale di rigenerazione, offre il suo simbolo anche al momento in cui la Natura si risveglia dall'inverno e rinasce per offrire i suoi frutti. La Rosa personificazione della primavera incarna la ritrovata gioia di vivere, la disponibilità al piacere e l'inizio di una incipiente fertile stagione. Con tutti i suoi attributi di bellezza, desiderabilità, fragilità e tutto il carico di valori simbolici, quello di fiore mariano in primo luogo, la Rosa fu anche metafora dell'ideale dell'amore cortese, della fin'amor, che influenzò la cultura cavalleresca dei secoli XII e XIII sotto la spinta della poesia trobadorica. Il bocciolo da schiudere, la rosa scarlatta da carpire, erano immagini dell'anelato corrispondere della Dama al devoto Servizio dell'Amico. Forse pochi altri simboli erano per loro complessità così adatti ad essere adoperati in una poetica, quella del trobar clus, ermetica e fitta di intricate allegorie a fronte di un'apparente semplicità se non scontata futilità dei contenuti. Nel Roman de la Rose, uno dei più fortunati e studiati romanzi medievali, la Rosa incarna il Fine di un tortuoso percorso iniziatico. A diversi livelli di contenuto semantico la Rosa del Roman raffigura la Fin'Amor, l'Anima, la Conoscenza, l'Amata, l'Eros.

Dalla Rosa si dice che abbia preso nome Rodi, l'"Isola delle Rose", sacra ad Afrodite ma anche ad Athena dea della saggezza e della ragione; per questo motivo, presso alcune sette misteriosofiche e movimenti eretici, la Rosa, emblema della bellezza, dell'amore e del piacere, si fa sublimata effigie del pensiero segreto e delle sue ribellioni: la Carne che vuole sottrarsi alla soggezione dello Spirito, la Natura che rivendica di essere progenie divina al pari della Grazia, l'aspirazione ad una religione fondata sulle armonie dell'Essere di cui, per gli iniziati, la Rosa fiorita era simbolo vivente.

Il fascino di queste articolate antinomie che la Rosa incarnava, Madre e Figlio, Morte e Vita, Sangue e Spirito, Carne ed Anima, Fede e Ragione, lega il filo del percorso musicale di questo programma, particolarmente ricco e vario per generi e atmosfere: le composizioni di carattere trobadorico, sensuali e allusive, si affiancano al misticismo visionario di Hildegarda von Bingen, che nello scarlatto dei petali trasfigura l'immagine somma del martirio; la raffinata cultura arsnovistica di Guillaume de Machaut, che nel fiore esalta l'ideale cortese dell'amata, s'incontra con la schietta derivazione popolare delle laudi devozionali alla Vergine, "Rosa tra le rose", attributo ingenuo e poetico di suprema venerazione; ancora, le severe architetture del '200 francese nei conducti e nei mottetti dei codici di Bamberga e Montpellier, costruite su immagini convenzionali o canoniche della Rosa, si confrontano con la più leggiadra polifonia di una "carol" inglese dove appare il motivo ispiratore della Rosa come modello del Paradiso; infine un anonimo canto sefardita ci propone lo struggente contrasto tra la Rosa in fiore, icona di vita e spensieratezza, e l'infelice nostalgia per l'amore lontano. Di fronte a tale varietà abbiamo cercato di trovare sonorità che attestassero la diversa collocazione storica, la provenienza geografica e la dimensione sacra o profana dei materiali proposti. Gli strumenti adoperati, così come gli stili esecutivi, sono propri del luogo e del tempo di composizione di ciascun brano secondo testimonianze letterarie o iconografiche. Anche la presenza di lingue eterogenee ha richiesto particolari attenzioni, si pensi alla differenza di pronuncia tra il francese del XIII secolo e quello più maturo dell'Ars Nova del tardo '300 o alle specifiche nazionali nel suono del latino alto-tedesco rispetto a quello francese o italiano. Abbiamo, infine, voluto sottolineare l'universalità di un simbolo che ha ispirato la letteratura musicale religiosa e profana di tutta l'Europa, e che ha trovato pari cittadinanza nelle tre grandi culture, quella cristiana, quella ebraica e quella islamica, che dominarono l'occidente medievale.

Gianfranco Russo







The Symbol of the Rose in the Middle Ages

The idea of Nature being an organised set of phenomena and a possible object of rational research no longer forced by symbolic references that characterise the Early Middle Ages, was developed in the 12th Century in Chartres, the site of one of the most important Universities at that time. This inspiration, expressed by Guillaume de Conches and Theodoric de Chartres, starts to view as insufficient the interpretation or the world through the typical hermeneutic instruments of biblical exegesis, which, as required by the absolute interconnection between Nature and Scripture, both products of the Divine Mind, reduced physical reality to signs of speech made by God to men. This new philosophy of Nature had a violent response from within the traditional theology which, during the 13th and most of the 14th centuries managed to firmly control the scientific and philosophical speculation and influence the arts as well as the most trivial aspects of everyday life. According to canonical doctrine only an appropriate symbolic key could give a meaning to phenomena and events of the physical world by unveiling its functions and relations. Since anything happening in the "Macrocosms" (Image of the Universe, Locus where God is, Creating Light) was mirrored with due proportions in the "Microcosms" (Man created in God's likeness, and Nature created for and around man), a complex system of symbols was required in order to decipher the meaning of these echoes. In such a world everything was a metaphor, both the abstract and the concrete: Number. Form. Colour. Stars, as well as Stones, Metals, Plants and Animals. A complex order of interdependence and correlation often confused the sign and the symbol, involving the medieval thought in a complexity becoming a resigned contemplation of the Divine Will. The symbol's function was therefore to link High and Low, Sky and Earth, God and Man.

In the rich-medieval symbology the Rose has a leading role. In fact it incarnates many esoteric or popular, religious or literary meanings in a semantic plaiting of variables such as form, colour, perfume, number of petals and thorns. During the classical culture it was the western equivalent of the Asian lotus, both associated with the Wheel, one of the most important esoteric symbols in every known culture. In ancient Egypt the Rose was the flower devoted to Isis, goddess of rebirth and the personification of Nature, and, in the Greek and Roman Pantheons, to Aphrodite, the goddess of Eros and regeneration. It is in Chartres that, together with the evolution of the new philosophy of Nature, supported by the re-reading of classical and Arabic texts, pagan cults of the Nature as Great Mother and allegory of the creative femaleness is transformed in that of the Virgin, God's Mother, but also Merciful Mother of all men. This translation from Secular into Sacred Love transfers the symbols as well and therefore the Rose devoted to Mary, becomes, in her personification, "Flower among Flowers" and finds its most important signification in the medieval symbology. Through the metaphors of biblical tradition, where in Eden the Rose represented Eve and therefore the Sin, a rose without thorns is dedicated to Mary, the Anti-Eve (not accidentally in the salutation "Ave Maria" the Latin word Ave is the antipode of Eva, Latin for Eve), representing the weakness and transience of the soul tempted by sin, and whose white colour meaning purity substitutes the vermilion, the colour of passion and shame for committed the sin. The white Rose, queen of flowers. symbol of the Virgin, Queen of Heaven, means salvation, purity and devotion. In the Middle Ages only virgins could wear garlands of white roses as evidence of Marian Virtue. In laud and prayer literature Mary is invoked as "Rosa Mystica", "Rosa Fragrans", "Rosa Rubens", "Rosa Novella" and "Rosa das Rosas", Rose among Roses, majestic superlative of "Queen of Queens". But Christ's Mother is first of all a mother: compassionate and merciful, she intercedes with God for each of her soul and body suffering children.

This aspect of Mary as physical and spiritual saviour -in medieval mentality sickness was the corollary of sin- is transferred into the use of the Rose against evil. While in medicine it is used in preparations with its thaumaturgic merits against nightmares, anxiety, eyesight and rabies, superstition and devotion attribute to it magic powers such as the capability to keep away any kind of sickness: during the pestilence that hit Europe, roses were worn for protection and as amulets against contamination. Rose petals were used as air depurators and clothes disinfectants.

Many medieval legends contemplated the Rose as a miracle of the Virgin: in one of the "Cantigas de Santa Maria" of the 13th century, a monk dedicated five psalms to Mary every day, one for each letter of her name. When he died, five roses bloomed on his mouth to the astonishment of his brothers. A similar thing happened in the coeval "Les Miracles de Nostre Dame" by Gautier de Coinci, in which a cleric, who died without confession, was buried in a deconsecrated land and the Virgin, moved by pity, made a rose bloom in his mouth to show her intercession. Again in the "Cantigas de Santa Maria", a devote knight, saying a rosary every day on a rose garland, was protected against enemies who, though they came upon him in disadvantaged conditions, saw instead of him the Virgin braiding a rose garland and they retreated confused. A legend says that the name rosemary derives from Rose of Mary. According to the legend, the plant had originally white flowers that became blue when Mary opened her wrap on it.

Another religious symbol of the Rose comes from its circular form and the disposition of its petals that similar to a mandala represent the idea of infinity and perfection. This image is linked to that of the Rose as Heaven's mirror. Dante in his "Divina Commedia" puts Mary in the centre of Heaven's concentric skies as a Rose that reigns in the centre of the Rose. From the Circle to the Wheel, symbol of the infinite flowing of time and paradigm of Eternity, the Rose assumes new symbolic values of the transformation of the Work of God and of the transformation of the Work tout court in the metaphor of the alchemy. The Rose, similar to the lapis philosophum, the Philosophers' Stone, is one of the favourite flowers of alchemists, whose treatises have titles such as "the philosophers' Rose garden", "Rosarius" or "Rosarium", this one attributed to Arnaldo da Villanova. The white Rose was related to the Stone of White of the "Little Work", while the red Rose was related to the Stone of Red of the "Great Work", the blue one was the figuration of the Impossible. Furthermore every one of the seven petals of the alchemist Rose recall a metal, a planet or an excerpt of the Work.

Linked to-the circle, symbol of heaven and sun, there is an interesting stylisation of the Rose in the rose windows that, together with the side loophole windows, lit the large dark Gothic Cathedrals. With their shape representing the beauty and perfection of Creation, the rose windows are also projections of the mystery of God as Light and Source of Life. These windows, connecting the divine and human world, are wider towards the inside and narrower towards the inside, because the Light (mirror of the Divine Revelation) comes in the Church (representing the inner man) through little fissures, but it soon spreads in the experience of contemplation. There are many kinds of rose windows, each with its own meaning: the six petal one is associated with Solomon's seal, the seven petal one with the septenary order of the world, eight petals for the regeneration, twelve for the Apostles. The disposition of the three rose windows in the architecture of cathedrals suggests a connection with alchemy: following the daily course of the sun, in the three rose windows the Work's colours proceed according to a circular process going from black (the northern rose window never lit by sun), to white (the southern one lit at midday) to red (the one on the portal lit at sunset).

Several authors refer to the enigmatic "Sanguis Rosaceus", rose coloured blood, that is found in Christian mysticism as the saving blood of the Redeemer. Christ is "Filius Macrocosmi", from whose side this blood flows, Ethereal Water equivalent to the quintessence of "Filius Microcosmi". This is the universal essence which transcends them all, like Christ, the unique and perfect Saviour of men, both God and Man, who will be symbolised if not identified by the philosophers' stone, a parallelism that may have participated in the introduction of the mysticism of the Rose in the Christian alchemy. In fact, the Rose is also the symbol of the goblet that received the Redeemer's blood, the Graal, mystic container representing Christ's blood, Christ himself and so the completion of salvation through martyrdom. In the medieval hagiographies the holiness of supreme sacrifice is represented by red roses. They are found for instance in the martyrdom of Saint Dorothy or that of Saint Agnes who, after her execution, in a demonstration of true faith, comes back from Heaven in winter with a basket full of roses. Martyrs themselves are "Flores Rosarum" according to Hildegard of Bingen. But already the Rose is a transmutation of blood: the drops of blood fallen from the Crucifix became roses on the ground. The same happens with St. Frances's stigmata's drops of blood. But Martyrdom is also a means of purification and rebirth, therefore martyrdom blood is also salvation blood, symbolically re-unifying and re-integrating, single and multitude, always in the symbol of the Rose, which already in the Jewish tradition (Rose of Sharon in the Song of Solomon) expresses the community of spiritual Israel, the place of Divine presence in the world.

The Rose as allegory of immortality, or passing into another life, was known since ancient times: it is represented in Egyptian tombs and the Romans celebrated in May the "Rosaliae", floral games held in burial places in which roses were offered to the Manes of the dead; and indeed rose garden was for a long time synonymous with graveyard. The first Christians refused to pay homage to their dead with roses, in order not to be confused with pagans. The medieval convents. obliged to grow the flower in their gardens since Charlemagne, revived the symbol of preparation to eternity and the rose oil became means of sacrament for the dying. Islam too contributed to the mystic elevation of the rose garden: to Muslims it symbolised the garden of contemplation, it was in "...the Rose full of its fragrance (that laid) the secret of totality". Around the year 1000 a Persian poet said: "if you have two coins, with one buy bread, with the other one roses for your soul". The Rose of martyrdom, its thorns symbolising suffering, had five petals; five were Christ's plagues and five can be seen as four plus one, where four represents a complete cycle, i.e. death, and one the new start, i.e. eternal life. Thorns wound and protect, so the Rose becomes the image of reservedness, and roses with the words "Sub Rosa" were inscribed on confessionals, referring to the secrecy of Confession. There are complex links between the Rose and fire. In the Middle Ages during the Pentecost Mass rose petals were dropped on the believers, as an allegory of the Holy Spirit appearing as divine flame on the Apostles' heads.

The Rose was dedicated since ancient times to Eros divinities such as Isis or Aphrodite and it also maintained these symbols of passion and carnality in the Christian age. In the Middle Ages prostitutes, priestesses of profane love, were obliged to wear a rose on their bosom, so that in France they were simply called "roses". But Eros, vital regenerative force, also offers its symbol when Nature wakes up from Winter and offers its fruits. The Rose personification of spring incarnates the joy of life, disposition to pleasure and the beginning of a prolific season. With all its attributes such as beauty, desirability, fragility and all its symbolic values, being the Marian flower in the first place, the Rose was also a metaphor of courtly love, Fin' amor, that influenced the knightly culture in the 12th and 13thcenturies under the influence of- troubadoric poetry. The rosebud to be opened, the scarlet rose to-be seized, were images of the corresponded love of the Lady to the devote service of her Friend. Few other symbols, for their complexity, were as suitable to be used in the hermetic and deeply allegoric trobar clux poetry, in opposition to the apparent simplicity and futility of contents. In the Roman de la Rose, one of the most studied medieval novels, the Rose incarnates the End of a tortuous initiation course. At different levels of semantic content, the Rose of the Roman represents the Fin' amor, the Soul, the Knowledge, the Loved Lady, the Eros.

It is thought that Rhodes takes its name from the "Island of roses" sacred to both Aphrodite and Athena, goddess of wisdom and reason; for that reason in some mystery sects and heretical movements, the Rose, the symbol of beauty, love and pleasure, becomes the sublime figure of the Secret Thought and its rebellions; the Flesh wanting to escape from the subjection of the Spirit. Nature that claiming to be, like Grace, of Divine descent, the aspiration to a religion based on the harmonies of the Being, of which the bloomed Rose, for the initiated, was the living symbol.

The fascination of these complex antinomies, incarnated by the Rose, such as Mother and Son, Death and Life, Blood and Spirit, Flesh and Soul, Faith and Mind, constitute the musical thread of this program, particularly rich and varied in genres and atmospheres: the troubadoric compositions, sensual and allusive, are close to the visionary mysticism of Hildegard von Bingen, who transfigures the image of martyrdom in the scarlet petals; the fine arsnovistic culture of Guillaume de Machaut, which in the flower exalts the courtly idea of the loved Lady, meets the genuine popular derivation of devotional lauds to the Virgin, "Rose among roses", naive and poetic attribute of supreme veneration; then the severe architectures of French 13th century's "conducti" and "mottets" in the codices of Montpellier and Bamberg, built on conventional or canonical images of the Rose, are opposed to the joyful polyphony of an English carol, in which the inspiring motive of the Rose represents the model of Heaven; finally an anonymous Sephardic song proposes the tormented contrast between the blossomed rose, icon of life and thoughtlessness, and the sad nostalgia for the distant love. Confronted with such a variety, we have looked for sonorities which would show the different historical location, the geographical origin and the sacred or profane dimension of the proposed materials. The instruments we employed, as well as the performing styles, are typical of the place and time of composition of each piece, according to literary or iconographic evidence. The presence of heterogeneous languages required particular attention too; think of the difference in pronunciation between 13th century French and the more mature one of late 14th century Ars Nova or of the national connotations of the sound of high-German Latin compared-to the French or Italian ones. Finally we have chosen to highlight the universality of a symbol that inspired the musical, religious and profane literature all over Europe, which has found equal citizenship among the three great cultures, the Christian. Jewish and Islamic ones, which dominated the Medieval West.

Gianfranco Russo
Traduzione: Nilde Perna (translation)