Peccatori e Santi  /  Ensemble Chominciamento di Gioia


L'amor sacro e il sentimento popolare nei laudari italiani e spagnoli del XIII secolo




IMAGEN

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notas: chominciamentogioia (en "Varie")
Avvenimenti A301697

1997







1. Non pod'ome pela Virgen tanta coita endurar   [4:41]    CSM 127
soprano, vielle GR LP, flauto doppio, arpa, liuto, tabor EdF, riqq MM, coro

2. De todo mal   [1:40]    CSM 129
ribeca, lyra, liuto, flauto traverso, arpa, derbouka

3. Ben sab' a que pod' e val   [3:18]    CSM 179
ud, synfonia GR, flauto traverso, arpa, saz MS, derbouka


4. Jesu Cristo glorioso   [3:43]    Laudario di Cortona, LDC 26
tenore, synfonie GR LP, cialamello, flauti dritti GT MdM, tabor EdF, naqqara, riqq MM, campane, coro


5. Macar è Santa Maria   [2:18]    CSM 392
soprano, salterio, arpa, liuto, ud, legni, riqq GR


6. Peccatrice nominata   [1:16]    Laudario di Cortona, LDC 17
tenore, viella LP, coro

7. Magdalena degna a laudare   [3:59]    Laudario di Cortona, LDC 39
soprano, arpa, flauto traverso, flauto dritto MdM, synfonie GR LP, cialamello, tabor EdF, crotali, cimbali, coro

8. Fammi cantar l'amor   [2:23]    Laudario di Cortona, LDC 8
soprano, arpa, salterio, liuto, bendir


9. Aver non poderia   [7:55]    CSM 403    [CSM 7, app. II]
soprano, viella GR, salterio, saz LP, arpa, corni di mucca 1 2


10. Sia laudato San Francesco   [2:49]    Laudario di Cortona, LDC 37
soprano, tenore, salterio, vielle GR LP, flauti dritti GT MdM, cialamello, tabor EdF, naqqara, riqq 2, campane


11. Como poden per sas culpas os omer seer contreitos   [2:23]    CSM 166
salterio, arpa, vielle GR LP, flauto traverso, cornetto muto, tabor MM

12. Con seu ben sempre ven   [4:30]    CSM 115
soprano, tenore, flauto traverso, ribeca, liuto, saz GR, derbouka, cimbali


13. Ogn'om canti novel canto a San Jovanni   [1:42]    Laudario di Cortona, LDC 43
salterio, arpa, vielle GR LP, liuto, flauto traverso


14. Quen comendar de coraçon   [6:37]    CSM 146
tenore, salterio, flauto traverso, arpa, viella GR, liuto, bombarda, bendir, coro

15. Tod'a queste mundo loar deveria   [2:26]    CSM 413
[Fiestas de Santa Maria, FSM 3]
soprano, viella GR, liuto, saz LP, flauto doppio, arpa, tabor MM, riqq EdF, coro




CSM — Cantiga de Santa Maria (Alfonso X el Sabio), Spagna XIII sec.
FSM — Fiestas de Santa Maria (Alfonso X el Sabio), Spagna XIII sec.
LDC — Laudario di Cortona (Anonimo), Italia, XIII sec.





Ensemble Chominciamento di Gioia
Gianfranco Russo

Anna De Martini — soprano (#1, 5, 7-10, 12, 15)
Alessandro Quarta — tenore (#4, 6, 10, 12, 14)

Elisabetta Di Filippo — salterio (#5, 8, 9, 10, 13, 14) • derbouka (#2, 3, 12) • tabor (#1, 4, 7, 10) •
riqq (#15) • naqqara (#4) • crotali (#7)

Olga Ercoli — arpe (#1, 2, 3, 5, 7, 8, 9, 10, 13, 14, 15) • campane (#4, 10)
Luigi Polsini — ud (#3, 5) • viella (#1, 6, 10, 11, 13) • saz (#9, 15) • ribeca (#2, 12) • synfonia (#4, 7) •
corno di mucca (#9) • bendir (#8, 14)

Gianfranco Russo — viella (#1, 9, 10, 11, 13, 14, 15) • synfonia (#3, 4, 7) •
lyra (#2) • saz (#12) • legni (#5) • riqq (#5)

Marco Salerno — liuti (#1, 2, 5, 8, 12, 13, 14, 15) • cornetto muto (#11) • corno di mucca (#9) •
cialamello (#4, 7, 10) • saz (#3)

Giovanni Tardino — flauti traversi (#2, 3, 7, 11-14) • flauti dritti (#4, 10) • flauto doppio (#1, 15)
Maria De Martini — flauti dritti (#4, 7, 10) • bombarda (#14)
Massimo Monti — tabor (#11, 15) • riqq (#1, 4), cimbali(#7, 12)

Coro (#1, 4, 6, 7, 14, 15):
Stefania Cordaro
Daniela Troilo
Daniela Floris
Alberto Berettini
Francesco Bianchi


Registrato 22-24 febbraio, 1997 – Oratorio delle Stimmate di Roma








Peccatori e Santi
L'amor sacro e il sentimento popolare nei laudari italiani e spagnoli del XIII secolo



"Como poden per sas culpas os omes seer contreytos, assi poden pela Virgen depois seer saos feitos": come gli uomini possono essere colpiti dal male per i loro peccati, così possono essere salvati per intercessione della Vergine. Questo recitano i primi versi della Cantiga de Santa Maria n° 166 e ci introducono ad una delle dominanti della visione del mondo dell'Occidente medievale: l'intreccio tra peccato e punizione, pentimento e devozione, salvezza e santità.

L'amor sacro è nel medioevo l'espressione di una cultura permeata di religiosità e dominata dalla chiesa. La più laica delle filosofie si trova comunque a fare i conti con un mondo in cui il rapporto tra sacro e profano deve risolversi in termini di assoluta contiguità. La vita quotidiana è il continuo manifestarsi del giudizio di Dio, le malattie, le avversità, il dolore sono la punizione per le per le proprie colpe come, di contro la guarigione, la buona sorte, il benessere, sono la ricompensa, talvolta miracolosa, di un comportamento probo o del pentimento per i peccati commessi. Il peccato, di qualunque genere, è un atto contro Dio e come tale necessita di espiazione.

Il più frequente meccanismo di espiazione è il pellegrinaggio -anche in armi, come le cosiddette crociate-, faticoso, pericoloso, spesso senza ritorno tanto che non di rado, chi se lo poteva permettere mandava altri in sua vece, a volte esercitando il proprio potere, come i nobili e i potentati, a volte dietro compenso, come i ricchi mercanti. Il viaggio, lungo e promiscuo, moltiplicava le tentazioni e il ciclo colpa-espiazione aveva buone probabilità di ricominciare. Il pellegrinaggio era nel medioevo un fenomeno di straordinaria portata, esistevano delle mete specifiche come Roma, Gerusalemme o Santiago de Compostela, per non citare che le più significative, cui si giungeva per strade lungo le quali fioriva una vera e propria industria di servizio per il pellegrino con un indotto pittoresco e in qualche caso in aperta contraddizione con le motivazioni devozionali del viaggio: ostelli, alberghi, venditori di "souvenir", traghettatori, prostitute, trafficanti di reliquie, servizi di trasporto a pagamento, e occasioni di svago in cui il pellegrino si trovava a dover mescolare l'anelito spirituale del suo "peregrinare" con le necessità terrene e con la difficoltà a resistere all'offerta che qualunque itinerario "turistico" propone al viaggiatore; ricordiamo infatti che, insieme ai tanti spinti da sacro zelo, le torme di pellegrini annoveravano tra le loro file anche semplici viandanti o partecipanti involontari quali esiliati o criminali per i quali il "pellegrinaggio" era la condanna inflitta dai tribunali civili a castigo dei loro misfatti.

Dei pericoli e delle tentazioni del viaggio ci rende cronaca una Guida del pellegrino del XII secolo, che, accanto alla descrizione delle meraviglie artistiche o spirituali di questo o quel santuario, mette in guardia il viaggiatore dagli albergatori truffatori e assassini , dalle loro serve che "per istigazione diabolica si accostavano di notte ai letti dei pellegrini spinte da lussuria e sete di denaro", da bande di briganti o di saracini e da profittatori di ogni genere, che senza scrupoli sfruttavano l'ingenuità o il bisogno del pellegrino, come ad esempio gli armatori delle navi su cui ci si imbarcava per la Terrasanta; ecco l'illuminante resoconto della vicenda occorsa a santa Maria Egiziaca quando volle recarsi a venerare la Croce a Gerusalemme e gli armatori le chiesero il pagamento per l'imbarco, narrato dalle parole stesse della santa secondo la medievale Legenda aurea di Jacopo da Varagine: "Io risposi: – non posso pagare, ma prendete il mio corpo e pagatevi con questo –. Essi allora mi presero a bordo e il mio corpo fu per loro il prezzo per il viaggio".

Parimenti, nella predica Veneranda dies si parla della consuetudine da parte di osti e locandieri di disporre a piacimento dei beni di coloro che morivano sotto il loro tetto, e di quanto frequenti fossero le uccisioni a questo scopo, senza contare le pressoché sicure frodi alimentari. Per capire, in definitiva, quanto il peccato perseguitasse l'uomo anche nei momenti di più grande devozione e motivazione spirituale citiamo ancora dalla Veneranda dies: "Cari fratelli! Io non riesco a descrivere in che modo il diavolo getta le sue subdole reti e apre ai pellegrini a Santiago gli abissi della perdizione". A chi dunque chiedere sostegno o una qualche grazia contro le avversità ordinarie e straordinarie dell'esistenza?

Importantissimo è nel medioevo il culto dei santi, figure che per devozione, per solidità morale o per l'orrore della colpa commessa raggiungono lo stato di grazia e possono intercedere presso Dio. I santi che, lontani dagli uomini proprio per la loro santità, gli sono tuttavia vicini perché da uomini ne hanno condiviso le tentazioni e ne conoscono le debolezze. In alcuni casi la grandezza del santo si trova nel rovesciamento di una vita particolarmente immersa nel peccato, si pensi ad esempio a s.Francesco d'Assisi. E' però interessante marcare un fenomeno, piuttosto frequente nell'agiologia medievale, causato proprio dalla disinvolta sovrapposizione di sacro e profano di cui si è detto in apertura: il popolino spesso accanto alla venerazione per la grande virtù di un santo, non esita ad attribuirgli patronati che mal si armonizzano con la santità, derivati non di rado dalle caratteristiche della sua vita precedente il momento della grazia. Ecco dunque che ci troviamo davanti personaggi venerati da un lato come dispensatori di bene e baluardi contro il peccato, trasformati dall'altro in protettori del vizio e della colpa; i prigionieri, ma anche i ladri, ad esempio, hanno i loro protettori in s.Disma e s.Nicola, è a s.Maddalena che si rivolgono le prostitute, sia quelle pentite, che quelle in attività affinché salvaguardi i loro interessi, per non parlare degli offici che s.Giuliano (non a caso protettore dei viandanti e dei pellegrini) dispensa a tutela dell'amore carnale, lecito o illecito che sia – per inciso ci piace ricordare che s.Giuliano era anche il patrono dei menestrelli e dei giullari –.

Era proprio per raccomandarsi ed ottenere l'intervento di uno o più di questi intermediari tra Dio e l'uomo o per mantenere un voto fatto per una richiesta esaudita, che ci si metteva in strada verso un luogo di culto dedicato particolarmente a questo o quel santo, affrontando i disagi di cui abbiamo accennato. Tuttavia aldilà dei pericoli e delle difficoltà di cui era lastricato il cammino del pellegrino, l'anelito religioso che spingeva questa imponente massa di uomini e donne a mettersi in viaggio fu di enorme beneficio per il contatto tra lingue e culture diverse, per la diffusione della conoscenza, per l'ampliamento della rete di collegamento stradale, la costruzione di ponti, la bonifica di terreni e lo sviluppo delle arti, dall'edificazione di maestose cattedrali con la prestazione d'opera dei più grandi tra gli architetti, i pittori, gli scultori del tempo, alla letteratura e alla musica. Infatti, questo articolato rapporto tra peccato e santità è terreno fertile di una letteratura musicale di lode, di preghiera, di celebrazione o di ringraziamento da cantare in processione o durante il pellegrinaggio, addirittura da danzare sui sagrati delle chiese durante le ricorrenze religiose, non nel latino ecclesiastico, ma in lingua volgare comprensibile a tutti.


I brani che compongono il cd sono tratti da due laudari della seconda metà del XIII secolo: l'italiano Laudario di Cortona e il codice spagnolo delle Cantigas de Santa Maria. Il primo contiene 47 "laude" legate forse al movimento delle confraternite penitenziali e ancora oggi alcune di esse vengono eseguite durante le processioni dei flagellati. Non si conoscono gli autori delle musiche e si può presumere, vista la struttura compositiva, che siano costruite su precedenti modelli gregoriani e popolari. I testi, redatti in italiano volgare del duecento, eccetto due brani scritti da Jacopone da Todi, sono probabilmente di un tal Garço, forse notaio d'Incisa poi trasferitosi a Cortona. Frà Salimbene da Parma, cronachista del XIII secolo, ci informa che le esecuzioni delle laude, avvenivano sulle piazze in forma responsoriale ed erano precedute da squilli di corno per radunare la gente. Trattandosi di musica sacra non liturgica e considerata l'utenza cui erano destinate queste laude, è ipotizzabile un accompagnamento strumentale delle stesse, suffragato da un'ampia letteratura. Troviamo infatti nella vita del beato Giovanni Sansedoni la seguente cronaca del 1273 delle feste popolari a Siena per la soluzione della città dalla scomunica: "...dipoi cantavano li angeli (giovani cantori abbigliati da angeli, n.d.r.) devotissime stanze, ringratiando et laudando Idio et la Vergine Maria, sonando diversi stormenti".

Il secondo codice è l'imponente manoscritto delle Cantigas de Santa Maria, che contiene più di 400 "cantigas" (canti). Questo codice, uno dei monumenti della musica medievale, fu redatto per ordine del re Alfonso X detto "el sabio". I testi, in lingua gallego-portoghese, narrano storie di pellegrinaggio, di peccato e di devozione profonda in cui interviene miracolosamente Santa Maria, per premiare o per punire e ogni dieci "cantigas" che potremmo definire narrative ce n'è una "de loor", cioè di lode. Anche in questo caso le strutture musicali denunciano un debito nei confronti di probabili fonti popolari, della musica trobadorica e forse anche della contaminazione con la letteratura musicale degli arabi, che dominavano il sud della penisola iberica.

Il manoscritto è corredato di splendide miniature che riproducono in pratica l'intero strumentario medievale e sono fonte irrinunciabile per tutti coloro che intendano ricostruire gli strumenti e riprodurre gli organici strumentali del periodo. Le miniature riproducono coppie di suonatori, talvolta in costume moresco (una ulteriore prova della possibile comunicazione tra le due culture musicali, oltre alle note di bilancio del tesoriere di Alfonso X, che segnalano musicisti mori tra gli stipendiati), e alcune di esse ci possono illuminare sulla esecuzione, anche ricca dal punto di vista dell'organico, delle cantigas: si vede infatti il re Alfonso, durante l'esecuzione di una cantiga, circondato da un buon numero di musicisti, cantanti e danzatori. Non ci deve sorprendere la danza nella musica religiosa: pur non essendo una danza a carattere rituale, come ad esempio quelle tuttora praticate in alcune culture tribali o quella di profonda valenza mistico-estatica dei dervisci di Konia, era frequente proprio nel medioevo che si danzasse durante le soste del pellegrinaggio o nell'attesa, spesso lunghissima, talvolta giorni e giorni, che, giunti alla meta, arrivasse il proprio turno di entrare nel santuario. Vi sono alcune "danze sacre", cioè consentite o scelte dal clero, appositamente dedicate a questo scopo nello spagnolo Lliber Vermell o tra i francesi rondelli di Notre Dame.

Altre preziose miniature del codice, organizzate in quadri come le tavole dei cantastorie, raffigurano alcuni dei miracoli narrati dalle Cantigas, suggerendo forse anche una funzione divulgativa, una sorta di "notizie dal mondo", di queste composizioni. Le problematiche legate alla riproposta di questi repertori investono svariati campi: il primo è la ricostruzione musicale e la trascrizione da originali talvolta poco leggibili o danneggiati e, dove possibile, il confronto tra fonti diverse o tra diverse copie dei codici, segue il recupero dei testi, che non di rado sono scritti con abbreviazioni convenzionali per il periodo, ma oscure per il lettore moderno. A questo punto si rende importante il recupero della pronuncia antica della lingua, in qualche caso fondamentale per risolvere discrepanze metriche e toniche tra note e testo. Infine le scelte esecutive che vanno da una appropriata selezione dell'organico, alla definizione del contesto in cui collocare un determinato brano, ad esempio una occasione narrativa oppure una processione cerimoniale o ancora una celebrazione festosa che preveda anche la danza. Per rendere appieno i colori e le sfumature sia religiose sia profane presenti nei testi e nelle musiche, rintracciabili tuttora in parte del nostro repertorio popolare, nelle proposte esecutive viene evidenziato il contrasto tra i momenti celebrativi e quelli in cui prendono il sopravvento gli aspetti ludici, mutuati da quelle festività pagane, cui il Cristianesimo ha sovrapposto le proprie, ma delle quali ha mantenuto spesso il carattere di festosa allegria quando non, addirittura, di franca licenza.

Gianfranco Russo