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Stradivarius Dulcimer STR 33590
marzo de 2001
S. Martino, Bondo, Suiza
Giovanni Antonio TERZI
fl. 1580-1620
da Il secondo libro de Intavolatura
Venezia, 1599
01 - Preambulo de l'autore sopra le Corente Francese [1:32]
02 - Corente Francese Primo [1:19]
03 - Preludio [2:30]
04 - Gagliarda Tamburina [2:44]
05 - Non mi toglia il ben mio a 4. di Marc'Antonio Ingegnero
(contrappunto, PB) · duetto [5:22]
06 - Volta Francese Quarta [1:09]
07 - Corente Francese Secondo [1:11]
08 - Toccata Seconda [2:42]
09 - Fantasia seconda [5:15]
10 - Ballo Alemano Primo [1:46]
11 - Padoana Terza [1:59]
12 - Gagliarda Terza [1:36]
13 - Iouisance canzon Francesa di Adriano [Willaert] [4:58]
14 - Bariera balletto con le sue repliche · duetto
[5:38]
15 - Chi fara fede al ciel à modo di Viola bastarda di
Alessandro Striggio · duetto [6:57]
16 - Pass'e mezzo ultimo [2:22]
17 - Gagliarda del Pass'e mezo con la represa [4:16]
18 - Fantasia in modo di Canzon Francese di Giovanni Gabrieli
[5:02]
19 - Liquide perle a 5. di Luca Marenzio (contrappunto, CM) · duetto
[3:12]
20 - Balletto Alemano [0:54]
21 - Ballo Polaco [1:23]
22 - Balletto Francese [0:58]
23 - Canzon Francese Allermifault, di Adriano. Per sonar a due Liuti
· duetto [6:46]
24 - Fantasia Seconda in modo di Canzon Francese [5:49]
Paul Beier, liuto rinascimentale
Craig Marchitelli, duettista (brani n. 5, 14, 15, 19, 23)
Gli strumenti usati in questa registrazione sono basati su modelli
storici: Paul Beier suona un otto cori di Klaus Jacobsen e Craig
Marchitelli suona sette cori di Paul Thomson. Entrambi i liuti sono
interamente montati con corde di budello liscio e appesantito della
ditta Aquila.
elaborazione musicale: Paul Beier
tecnico del suono: Roberto Chinellato
direzione artistica: Andrea Dandolo - Vair Avidor
Le sole notizie su Giovanni Antonio
Terzi di cui finora si possa disporre sono quelle tramandate
dall'erudito padre Donato Calvi nella Scena Letteraria de gli
scrittori bergamaschi, pubblicata a Bergamo nel 1664 e dunque,
presumibilmente, ben più tardi della morte del liutista. Calvi
non doveva, in realtà, sapere molto di questo musicista, che
egli non nomina neppure nell'altra sua importante e pur minuziosa
opera, la Effemeride sagro profana di quanto di memorabile sia
successo in Bergamo, sua diocese et territorio, in tre volumi
(Milano 1676-1677). Nella Scena Letteraria, dunque, leggiamo quanto
segue:
GIO ANTONIO TERZI. Sua professione particolare fù la Musica per
cui si rese in Patria, & fuori molto stimato. Amò la vocale
ma più la Sonora, & se con la voce emulava l'armonie de
Cieli, col suono del Liutto gareggiava con quella degl'Angeli. Pretese
rendere tutti nella bell'arte addottrinati, havendo fatto stampare
alcuni libri alla dilettevol professione attinenti, un solo de quali mi
è sotto gl'occhi capitato con questo titolo. Intavolatura di
Liutto accomodata con diversi passaggi per suonar in concerti à
duoi liutti, e solo lib. primo il qual contiene Mottetti, Contrapunti,
Canzoni Italiane, e Francesi, Madrigali, Fantasie, & Balli di
diverse sorti italiani, francesi, & alemani. In Venetia per
Ricciardo Amadino. 1613.
Per poco che questo sia, e pur tenendo conto del valore relativo delle
tipiche espressioni di maniera (la gara con gli angeli, ecc.), possiamo
tuttavia desumerne alcune indicazioni:
Terzi fu apprezzato in patria (a Bergamo) e "fuori" (indipendentemente
da cosa ciò significasse): praticava la musica vocale,
probabilmente come cantore, e suonava eccellentemente il liuto; voile
pubblicare "alcuni" libri di musiche.
La nobile famiglia Terzi fu ed è tuttora una delle più
importanti nella città di Bergamo. Originaria della Valle
Cavallina, dove poteva controllare un passo d'importanza strategica per
le comunicazioni tra l'Italia e la Germania ed era perciò
favorita dagli Imperatori che avevano interesse a disporre di un
alleato potente in quella zona, con le sue vaste ramificazioni si
diffuse in varie parti d'Italia, dove acquisì numerosi feudi,
nonchè in Austria, Boemia e Ungheria. A Bergamo, dove si
stabilirono da prima dell'anno Mille, i Terzi rivestirono cariche
importanti nell'ambito religioso e civile, e molti di loro si
distinsero, fino a tempi recenti, per l'attività intellettuale o
artistica.
Non sappiamo se Giovanni Antonio appartenesse a uno dei rami principali
della famiglia, oppure no, certo egli si definì "da Bergamo" nel
frontespizi dei due libri giunti fino a noi; probabilmente visse e
lavorò a Venezia, o forse all'estero (Calvi lo dice "in Patria,
& fuori molto stimato"): una ricerca in tal senso deve
ancora essere intrapresa, ma l'apertura mentale che con traddistingue
la sua opera (assai più innovativa di quella pur eccellente di
tanti liutisti suoi contemporanei, come ad esempio Simone Molinaro)
sembra suggerire che egli in qualche modo fu in contatto con un
ambiente musicale ampio e stimolante.
Il Libro Primo di Terzi fu effettivamente pubblicato a Venezia
da Amadino nel 1593 (Calvi infatti sbagliò nel leggere la data
in caratteri romani MDXCIII, scambiando di posto la "X" e la "C",
oppure ebbe sotto gli occhi un esemplare difettoso): si tratta di una
delle più ampie collezioni di musica per liuto mai pubblicate in
Italia durante il sedicesimo secolo. Benché poco si sappia
dell'accoglienza riservata dal pubblico a questo libro, essa dovette
essere ottima, se appena sei anni più tardi, nel 1599, Terzi ne
pubblicò, ancora a Venezia, un secondo, ancor più ricco
del primo, "non per brama di Gloria (...) ma si bene (da)gli stimuli
degli amici (...) incitato" (secondo quanto egli stesso afferma nella
dedica al signor Sillano Licino). Da questa secondo opera, in cui lo
stile del compositore appare più maturo e sofisticato, è
tratto il programma di questa registrazione.
Le forme musicali del Secondo libro (stampato da Giacomo
Vincenti) sono sostanzialmente le stesse che si trovano nel Primo:
libere forme strumentali, intavolature di musica vocale, danze. Detto
così, questo elenco non suscita alcuna sorpresa, dal momento che
più o meno tutti i libri di musica per liuto, fin dall'inizio
del secolo, contengono appunto questi tre grandi gruppi di
composizioni. Ma se si esamina più in dettaglio quali siano le
specifiche forme praticate da Terzi entro tali categorie generali, si
constata che accanto a forme tradizionali anche molto antiche (per
esempio, la fantasia, l'intavolatura di mottetti e madrigali, il
passemezzo, la gagliarda, la padoana) ce ne sono altre che nel panorama
musicale, e non solo liutistico, italiano di fine secolo costituiscono
una novità.
Per cominciare con le libere forme strumentali, ne troviamo di tre
diversi tipi: preludi, toccate e fantasie, ben distinte
tra dl loro. Per quanta ne sappiamo,Terzi è tra i primi liutisti
italiani a comporre preludi, con l'importante eccezione - riteniamo
precedente - di quel liutista tanto inafferrabile per noi quanto invece
famosissimo per i suoi contemporanei noto come Lorenzino. La fama di
quest'ultimo (a proposito del quale una delle poche cose che oggi si
sanno è che svolse un'importante attività didattica) e
l'enorme diffusione europea del suo repertorio rendono plausibile
l'ipotesi che Terzi stesso fosse venuto in contatto, quanto meno, con
la sua musica: non solo perché ne condivide l'apertura a forme
musicali d'oltralpe, ma anche per una certa affinità nel modo di
comporre secondo uno stile che dei spazio alla diminuzione
virtuosistica a un livello estremamente alto.
L'arte della diminuzione, che già nel primo Cinquecento - punto
d'arrivo di pratiche secolari - era pienamente matura, alla fine del
secolo avrebbe trionfato sia in ambito vocale (si pensi ad esempio ai
lussureggianti madrigali di Luca Marenzio) sia in quello strumentale.
Le diminuzioni di Terzi stanno alla pari, non solo per la loro
difficoltà tecnica (si potrebbe definire Terzi come il "Liszt"
del liuto) ma anche per la loro fantasia e bellezza con quelle dei
più celebri specialisti del tardo Cinquecento quali ad esempio
Giovanni Bassano, Giovanni Battista Bovicelli o Francesco Rognoni.
Per tornare, dunque, alle libere forme strumentali praticate da Terzi
(preludi, toccate e fantasie), possiamo notare come nel primi sia
evidente l'influsso dello stile francese. Le toccate di Terzi
sono le prime destinate al liuto ad essere stampate in Italia (con
l'eccezione del lontani prototipi del prima Cinquecento); negli stessi
anni del libri di Terzi la toccata per tastiera fioriva in ambiente
veneziano (con l'opera di Sperindio Bertoldo, Annibale Padovano e
Claudio Merulo, per far qualche nome), il che suggerisce una volta di
più un possibile contatto diretto del nostro liutista con
Venezia. Le sue toccate si possono fruttuosamente confrontare con
quelle di Piccinini, di Kapsperger e di Frescobaldi per il loro stile
già vicino alla "seconda pratica" (e anche questo è un
punto di contatto con Lorenzino, che di questa forma dei alcuni esempi
significativi).
Più radicate nella tradizione cinquecentesca sono le fantasie,
che tuttavia subiscono da parte dell'autore un trattamento
virtuosistico insolitamente ricco: si veda la Fantasia Seconda del Secondo
libro, la cui chiara struttura polifonica è percorsa da
inesauribili e sofisticate diminuzioni.
Le due Fantasie in modo dl Canzon Francese sono un altro
esempio di come Terzi guardasse con curiosità alle novità
del suo tempo, in special modo se di ascendenza francese (proprio in
quell'epoca la canzone francese strumentale veniva esplorata dai
principali compositori attivi in Veneto, come Fiorenzo Maschera e i
Gabrieli); la prima di esse, composta "in modo dl" una Canzone Francese
di Giovanni Gabrieli di cui non esistono altre testimonianze, riveste
perciò stesso particolare importanza documentaria. Nel Secondo
Libro sono del resto anche accolte diverse intavolature di canzoni
francesi tout - cour , come Iouisans e Alermifault
(quest'ultima, per due liuti) che vengono entrambe attribuite ad Adrian
Willaert benché la seconda sia un'opera di Janequin.
L'intavolatura di opere vocali sul auto non era affatto considerata
un'attività secondaria nè tanto meno di minor impegno e
valore artistico dai liutisti cinquecenteschi. Anzi, si può dire
che l'arte di un liutista si misurasse in primis proprio dalla
sua capacita di restituire integralmente, con il suo strumento, la
polifonia originale serbandone la chiarezza, e tuttavia aggiungendovi
"qualcosa in più": secondo i precetti di Vincenzo Galilei,
infatti, "quando vorrete intavolare qual si voglia cantilena,
essaminate prima molto bene qual sia stata l'intentione del Compositore
di essa, et di poi cercate con il vostro sano giuditio d'intender non
solo quello che dice, ma ben spesso quello che ha voluto dire" (Fronimo,
Firenze 1568). Le intavolature di Terzi, come quelle dl Lorenzino, si
rivelano perfettamente all'altezza di questo compito.
In Iouisans (Jouissance vous donnerai), su una scrittura
fittissima costantemente a cinque voci, per quanta è possibile
Terzi riempie ulteriormente gli accordi e sovrappone inoltre una ricca
fioritura di diminuzioni e abbellimenti, spesso in corrispondenza delle
parole più pregnanti del sottointeso testo vocale, in un tour
de force tecnicamente impegnativo ma mai fine a se stesso. Ancor
più ricche le intavolature dei madrigali di Marcantonio
Ingegneri (Non mi togila il ben mio) e di Luca Marenzio (Liquide
perle), dove Terzi, ricollegandosi alla tradizione secolare del duo
liutistico, affida a un liuto il compito di suonare il testo originale
polifonico nella sua interezza e all'altro quello di diminuirlo in uno
stile peraltro modernissimo, quello "alla bastarda" che anziché
abbellire una singola voce pervade liberamente tutta la tessitura
usando l'intera gamma sonora dello strumento. E' per due liti anche
l'intavolatura di Alermifault (Aler mi fault sur la verdure),
nella quale tuttavia, diversamente rispetto al due madrigali già
menzionati, Terzi distribuisce equamente tra i due strumenti parti
polifoniche e diminuzioni, a botta e risposta. Il suo esempio ci ha
incoraggiati a trovare una soluzione, speriamo, accettabile per
l'esecuzione del madrigale di Alessandro Striggio Chi farei fede al
ciel: l'autore ne ha lasciato una versione che combina la parziale
trascrizione della scrittura originaria con diminuzioni virtuosistiche,
ma che appare incompleta: d'altra parte, Terzi suggerisce che il brano
è "accommodato à modo di Viola bastarda, per suonar in
Concerto con Liutto grande", senz'altre indicazioni. Abbiamo
perciò eseguito il madrigale in duo, creando per il secondo
liuto una parte che integra quella di Terzi, comprendendo le sezioni
polifoniche mancanti e aggiungendo, dove appropriato, diminuzioni
ispirate a quelle dell'autore (la composizione di questa seconda parte
è di Craig Marchitelli).
Infine, le danze. I libri di Terzi contengono, giusto il titolo del Primo
libro, "Balli di diverse sorti italiani, francesi, & alemani":
tanta varietà ricorda i gustosi precetti del pittore Giovanni
Paolo Lomazzo per rappresentare in modo adeguato le scene di
danza:
"Il danzare si puo dire di tante sorti quante sono nationi e' popoli al
mondo (...) imperò che, il Todesco salta, & abbraccia in
diverse maniere, il Francese bascia, getta le braccia al collo, &
tiensi braccio a braccio (...) & l'italiano, quasi histrionicamente
salta con sforzi, storcimenti, lanciar di gambe, con levarsi in alto,
affrettar i passi, & rallentargli..." (Trattato dell'arte della
Pittura, 1589).
Tra le danze cinquecentesche più coltivate dai liutisti, la
gagliarda (ballo virtuosistico italiano rapidamente diffusosi anche
oltralpe) aveva raggiunto con Santino Garsi e Vincenzo Galilei un alto
livello espressivo; le gagliarde di Terzi brillano per la loro
fantasia, esplorando tutte le risorse dello strumento. Un esempio
particolare è la Gagliarda Tamburina, seguita (dopo una
serie di sempre nuove e più complesse variazioni) da un nuovo
motivo che si ripete tre volte basato su un basso ostinato di tre note
(il "tamburino") ispirato al francese branle de village.
La Gagliarda del Pass'e mezo con la represa, che
secondo tradizione segue appunto un Pass'e mezzo (a sua volta
sempre più diminuito nelle sue tre successive esposizioni),
è un altro brano sorprendente per la lunga ripresa che,
staccandosi dalla danza vera e propria, acquista quasi l'aspetto di una
fantasia per la sua libera varietà e complessità.
La Barriera è la versione più lunga ed elaborata
che si conosca dell'omonimo balletto compreso nel Ballarino di
Fabrizio Caroso (Venezia 1581). Scritta originariamente per liuto solo,
viene qui proposta in un'esecuzione a due liuti che ne accentua la
potenzialità "stereofonica" e le regala una maggiore pienezza
armonica (trascrizione di Paul Beier).
Oltre che di quelle tradizionali, i due libri di Terzi sono ricchi di
danze che solo allora iniziavano a diffondersi in Italia: così i
balli "Alemani" e il ballo "Polaco", imparentati con l'Allemande
francese, e soprattutto Volte e Correnti, quasi del
tutto assenti dai libri a stampa prodotti in Italia prima del Seicento,
con l'eccezione, appunto, dell'opera di Terzi e di singoli esempi nel
libro di Giulio Cesare Barbetta del 1585. La Corente Francese Primo,
preceduta da un Preambulo, è una delle prime
attestazioni di una celebre composizione, attribuita a Julien
Perrichon, che si trova in numerosissime fonti (sia a stampa che
manoscritte) di tutta Europa del primo Seicento.
Paul Beier e Mariagrazia
Carlene